Non mi pare vero di prendere l'aereo e concedermi un week-end all'estero. Sono in astinenza da bassa pressione e la vacanzina belga di dicembre mi sembra appartenere ad un'eternità fa.
Preparo la valigia e penso.
Penso che mi manca l'estero. Vivere all'estero. Che un intero inverno a Milano pesa come mille giornate di pioggia. E non importa se il mio weekend sarà ancora più a nord, dove anche quando non piove l'aria è bagnata e la battaglia con la messa in piega persa a tavolino.
Penso che è strano andare a trovare un amico che vive lontano e non essere io, per una volta, quella che vive lontano e aspetta in aeroporto, con la guida in mano e in testa mille tappe da percorrere assieme e una valanga di nuove emozioni da riversargli addosso.
Penso anche che vado in un Paese nuovo, che nel giochino del
ce-l'ho-mi-manca è sempre stato un
mi-manca.
Quanto tempo è che non spezzo la routine della mie "gite" fuori porta? Solo una manciata di mesi eppure... Mi dò uno schiaffetto e cerco di ragionare: perchè Barcellona non conta? E Nottingham, perchè? Perchè sono casa mia. Come in Belgio.
Fare la turista è diverso. Significa passare accanto ad un monumento e fotografarlo, andare a mangiare fuori e ordinare piatti che suonano tipici, comprare la felpa del posto ed indossarla subito. Quando sei turista cerchi di costruire un
souvenir del viaggio abbastanza significativo da restare nella memoria; cerchi di fargli posto.
Quando invece
sei di un posto, quel posto ti si infila dentro e non c'è più verso di districartelo di dosso. Ti fa pensare nella sua lingua, gioire con la sua musica, camminare al suo ritmo... Ti fa inquadrare la vita attraverso i suoi scorci familiari: l'affacciarsi di una finestra sull'acqua, l'imbocco di una via pedonale, la punta di due torri olimpiche. Vivi uno spazio e smetti di attraversarlo, perchè impari a
sentirlo.
Cerco di distrarmi. Ultimamente vivo in maniera troppo concitata per riuscire a reggere certe emozioni, così sono costretta a soffocarle sul nascere.
Poi arrivo dall'Arrotino e realizzo che questo non sarà un viaggio qualunque, ma un'incursione fulminea nella vita di due persone che si amano. Seriamente. E sono il mio migliore amico e (eggià...) una delle mie migliori amiche (per merito suo). Altro che viaggio... questo è un trip pieno di visioni, allucinazioni, emozioni davvero difficili da imbrigliare! M'infilo nel tunnel.
Dormo come un sasso la notte prima della partenza e non mi accorgo di lei, insonne, accanto a me. Lo dice quasi timidamente il mattino dopo, quando siamo ormai in aeroporto e ci scambiamo il proposito di riposare durante il volo. Però non riusciamo a riposare; c'è eccitazione nell'aria per la sorpresa che abbiamo imbastito in quattro e quattr'otto per Pollo. In fondo in fondo non ci crede nessuno, ma è bello immaginare la sua espressione sotto quell'ufficio tanto lontano che non conosco. E' un chiodo fisso, così mandando messaggini uno parte anche per lui... e mette a repentaglio i piani sui quali aveva già iniziato ad indagare. Non importa, l'Arrotino trepidante quasi non se ne accorge e guardandola negli occhi ci si riesce a specchiare in quell'incontro tanto agognato. E io ho paura di rompere le uova su cui mi ritrovo a camminare. Sono così fragili...
L'alta quota rende leggere le parole. La risata dell'Arrotino accompagna racconti, commenti e confidenze che scivolano lungo le ali del nostro aereo con pacata dolcezza, mescolandosi alle nuvole. Il suo viso è luminoso, l'espressione serena non si lascia turbare dai ricordi del passato. E dal futuro. Le sue parole, però, restituiscono l'immagine confusa, delusa e spaurita dei primi tempi. Mi sembra di capirla di più.
Uno scroscio di grandine accoglie il nostro arrivo in terra straniera. Pollo ha già chiamato e continua a farlo. Ormai sa che l'Arrotino è più vicina che mai... Lei è quasi silenziosa. Chissà cosa le passa per la testa. Mi stupisce tanto pudore nell'esternare l'agitazione e quel sorriso quasi spaurito, ma in fondo sereno, con cui si fa scudo.
E poi li vedo che si abbracciano.
Nessuna corsa forsennata, nessuno strattone irruente, nessun grido di esclamazione. Ma un venirsi incontro pacato, con passo deciso, certo, ma pacatamente, quasi al rallentatore. Ed è lì che realizzo... E' il passo fermo di chi sa di amare e di essere amato, il passo temerario di chi ha scelto la propria mèta, il passo spavaldo di chi non si farà fermare da niente. E' il passo sicuro di chi già si appartiene.
Bella Dublino.