23 settembre 2009

Galeotto fu il tango

E così siamo sopravvissuti al primo mese e mezzo di frequentazione. Che il tempo passa veloce e le notti rubate al sonno sono quasi tutte nostre, mentre la fiera alle porte ruba ingenerosamente il poco tempo di veglia che resta.

Quando andiamo a ballare Uomo apre la serata con me. Poi ci separiamo, cercando fugaci intese con qualcun altro. Ma ritroviamo il nostro abbraccio per l'ultimo tango.
Io mi lascio distrarre dalle Sue scarpe. Quando con la coda dell'occhio intravedo il bianco e il nero della pelle distolgo l'attenzione dal mio ballerino, sbircio con la coda dell'occhio oltre la coppia risalendo alla caviglia per riconoscere il movimento delle gambe. Delle volte non sono nemmeno le Sue... Ma lo cerco. Appena la musica si interrompe, il vortice dei passi si ferma, la stretta si allenta, io guardo attorno in cerca della sua maglietta nera, dei jeans con le tasche, del bianco e nero delle scarpe.

Che ballo bastardo, il tango. Un uomo e una donna si cercano, si corteggiano, si sfidano, sfiorandosi ma senza incontrarsi mai. E' una storia d'amore che inizia con la musica e con la musica finisce. O perlomeno dovrebbe... Due corpi volteggiano, s'intrecciano, si avvicinano e si allontanano senza tregua. E' attrazione, magnetismo, desiderio. Se non è sesso questo... E dovrebbe finire con la musica?!

Ecco. La gelosia. Anche se non vorrei fa capolino. Sapere che è successo già due volte che si innamorasse di donne con cui ballava non aiuta a mantenere la calma e quando vedo qualcuna chiudere gli occhi e abbandonarsi a lui mi si stringe qualcosa nello stomaco e mille punti di domanda spigolosi e taglienti mi si rovesciano sulla capoccia. Allora cerco di razionalizzare, altro non si può fare.
Così lo guardo ballare. Lo guardo ballare e penso che è un sogno. E' un sogno un po' mio ed è un sogno che sia mio. Mentre balla è passionale. E quella passione io la conosco un po' di più. E' un po' mia. La determinazione con cui conduce, con la quale mi fa superare le indecisioni io la conosco un po' di più. E' un po' mia. E quel suo modo di ridere... Quando ride con me, per me, quel suo modo di ridere è un sogno ed è un po' mio.

E mi commuovo perchè è un po' mio. Perchè sta scegliendo me.

11 settembre 2009

Ops!

Sorvolando sul tentativo maldestro di parlare di un messaggio che era già eloquente di suo e sull'assurda domanda secca Ma tu sei uno che sparisce? che non so come m'è sfuggita stamattina mentre uscivamo di corsa per non arrivare tardi al lavoro (ebbene sì, ogni tanto scivolo sulle bucce di banana che le storienonstorie passate hanno disseminato lungo il percorso), ci mancano la traversata del deserto e una gita in deltaplano e poi possiamo festeggiare di essere sopravvissuti al primo mese di frequentazione!

Ollè!

10 settembre 2009

Fe(e)lin(g)

La Jessy non adora Uomo. Uomo non adora la Jessy.

Ovvero la Jessy è gelosissima di Uomo. Uomo detesta i gatti.

La questione non è di secondaria importanza considerando che:
1) la Jessy vive con me, e vive con me da mooolto più tempo di Uomo, che non vive con me;
2) la Jessy vive a casa suapropria e in questa casa Uomo è solo un ospite;
3) la Jessy è la mia gatta, ovvero lei mi è padrona più di quanto Uomo non lo sarà mai;
4) la Jessy è abitudinaria e tra le tante abitudini c'è quella di dormire con me;
5) la Jessy ultimamente soffre di solitudine ed è alla continua ricerca di attenzioni.

Per questi ed altri motivi una sera la Jessy ha azzannato Uomo durante un tentativo (maldestro, questo bisogna ammetterlo) di accarezzarla. Io ho aggravato la situazione chiedendogli di aiutarmi a metterle le gocce nelle orecchie (un'esperienza assolutamente truce) per cui la Jessy lo ha azzannato nuovamente. E fin qui nulla di nuovo per chi conosce la belva feroce.

L'episodio straordinario ci ha illuminati la mattina in cui, avvinghiata a Uomo, apro gli occhi e lui invece di dirmi Ma buongiorno! come sempre mi invita a guardare più giù. Più giù, beatamente allungata sulla sua pancia e in preda ad un attacco possente di fusa, c'era la Jessy.
Ancor più sorprendente è stato quel che i miei occhi hanno visto la sera, ieri sera: la Jessy appallottolata sulla maglietta che Uomo si era dimenticato, tutta intenta a farsi la toilette (che chi ha un gatto sa essere un rito che il gatto compie solo in un luogo in cui si sente perfettamente a proprio agio), tirando su anche la puntina della coda pur di farla stare esattamente entro il perimetro della suddetta maglietta.
E stamattina? Stamattina la Jessy si è fatta trovare su un giaciglio che, fatalità, corrisponde proprio al cuscino di Uomo, senza margine d'errore alcuno.

Immancabilmente scatta l'mms con cui documento il prodigio e commento: Sono gelosa! E la Jessy è un gran zoccola...

Dopo quattro ore vengo investita da un fulmine. Fa più o meno così:
Gelosa di una gatta? Figurati! Non hai motivo di esserlo.
Dove la trovo un'altra disposta a fare la notte in bianco per vedere il sole sorgere sul mare? Dove la trovo un'altra disposta a fare oltre 1000km in moto per assaporare i colori e i sapori di un'altra terra? Dove la trovo un'altra disposta a percorrere 20km a piedi per guardare la luna piena? Pressochè impossibile.
Certo ho ancora una questione aperta con me stesso e non voglio crearti aspettative nè vincoli.
Oltre a te? Da che ti conosco nessun'altra.

Resisto più o meno un'ora, leggendo e rileggendo, prima di scoppiare a piangere.
E pensare che non avevo chiesto niente...

09 settembre 2009

L'amore sposta le montagne. O Maometto. Qualcosa del genere.

Sei attrezzata per la montagna? chiede Uomo giovedì sera.
Certo, come no. Io che d'estate di solito vado in giù sicuro so di cosa stiamo parlando.
Una spesuccia da 170€ risolve la questione (pantaloni da montagna che fanno veramente un bel kiulo e pile bianco per sembrare un'adorabile palla di pelo, gli scarponcini sono prestati) e sabato pomeriggio, dopo una splendida serata glam sull'isoletta veneziana di San Servolo per la festa del Circuito OFF finita non proprio presto, partiamo per una scarpinata sul Baldo.

Il gruppetto è composto da un ragazzo di 27 anni Guida Ambientale Escursionistica e altre 7 persone assortite. Il mix è veramente carino e arrampicandomi lungo le trincee della prima guerra mondiale per vedere il tramonto dall'alto scopro tutto su alberi e boschi e intervento dell'uomo nel favorirne la crescita. Le 5 ore di camminata del giorno dopo invece saranno dedicate alla geologia: rocce e conformazione del terreno. Ma quante ne so!

L'arrivo al bivacco di Lavacchio, in territorio Trentino, è dopo 3 ore di marcia in parte fuori sentiero. Ci aspetta la cena, fiumi di Teroldego, delle tendine Quechua da due, un telescopio per guardare la luna quasi pienissima, Giove con le altre sue 3 lune e un falò con tanto di croste di formaggio abbrustolite. Uno spasso.
Nessuno ci conosce e viene spontaneo fare un po' la coppia.

In tenda fa veramente freddo. Uomo è un fornetto e mi si ghiaccia solo il lato del corpo che gli sta più lontano. Allora mi abbraccia tutto il tempo e ogni tanto mi gira come una fettina di polenta per scaldarmi su tutti i lati.
Io GONGOLO. Che non è l'ottavo nano ma il termine che meglio mi descrive in questo momento della mia vita.

Direi che tranne per quello spiacevole episodio del ragno in versione King Kong DENTRO la tenda (il giorno dopo un gemellino scalerà il pile di Uomo e l'intero gruppo capirà chi aveva dato in escandescenze durante la notte...) il primo test pare positivo: stiamo simpatici!
E poi, dovete ammetere che condividere (seppure a debita distanza) momenti caccapipì in mezzo alla natura, perfettamente consapevoli di avere le chiappine al vento, che magari c'è anche qualche filo d'erba di montagna che pungola, poca carta igienica e nessun bidè, essendo oltretutto entrambi in grado di immaginare perfettamente l'altro in tale faccenda affaccendato... significa che abbiamo raggiunto un livello di confidenza altissimo (o bassissimo). Quasi da coppia in effetti...

E oltre a questo, pur dormendo assieme tutta la notte, non abbiamo fatto niente! Ma proprio niente di niente! Quindi siamo una coppia?

04 settembre 2009

Io, in balìa di me.

Sono tanto felice e terrorizzata allo stesso tempo. Con il groppo allo stomaco e le crisi di pianto e un sacco di energia e tutto il resto. E anche tanto ammòre e notti insonni e week-end in giro assieme. Delle volte mi devo ricordare di respirare.

Insomma sono completamente fuori. E non è la menopausa! È una faticaccia ziobilli.

Ma cerchiamo di razionalizzare. Iniziamo da quello che abbiamo fatto.

1000 km in 48h in moto, per esempio, nel week-end che abbiamo organizzato in tempi record al Conero, che è diventato un venerdì sera di trasferta, un sabato intero al mare e una domenica di viaggio, schivando la pioggia lungo il tragitto Osimo - Macerata - Perugia - Lago Trasimeno - A1 – Verona.

Che cose strane sono successe. Stranamente belle. Certo, bisogna lavorare un tantino sulla sua tolleranza alcolica... Non si può che torni sbarellando dopo un solo quartino di Rosso Conero! Ma c'è tempo, speriamo, per migliorare le sue prestazioni etiliche.

Intanto la moto è veramente comoda e le mie chiappe paiono perfettamente conformi alla sella del passeggero, dettaglio non trascurabile. Anche il giro braccia è tarato alla perfezione con il suo giro petto. E la posizione delle gambe? Collaudatissima. Cosa che mi fa chiaramente pensare di essere proprio la persona giusta per stare lì dietro.

Magari se n'è accorto pure Lui, visto che ha commentato di continuo le cose che facevo con Bravissima / Ci hai già pensato? Allora sei bravissima / Già fatto? Sei veramente forte / Non ho mai avuto una ragazza così sveglia...
Che ragazze hai avuto, scusa?!
State pensando voi, esattamente come ho fatto io. Perchè siete distratti. O fidanzati/conviventi/sposati da un sacco di tempo per cui certe cose non le notate più... Avete letto bene la frase? Non ho mai avuto una ragazza così sveglia... Cioè mi ha definita la sua ragazza! Certo indirettamente, certo forse non proprio nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Ma la proprietà transitiva vale: in quell'istante sono stata la sua ragazza!

Ok ok. Vedo di ritornare sulla terra. Anzi, su un cucuzzolo. Perugia.
Finiamo lì per caso. Sempre per caso, ma senza grandi esitazioni, entriamo in questo ristorantino. Ancora a caso scelgo un tavolo per due, accanto al quale una celletta scavata nella parete di pietra ospita un simpatico gnomo. Ai suoi piedi bigliettini di tutti i tipi: volantini, scontrini, fazzolettini, bigliettini da visita. Tutti -ini. Uomo infila la mano tra le grate e inizia a pescare qua e là messaggi lasciati da chi è passato di lì prima di noi. Più o meno fanno tutti Caro gnometto, sono qui con il mio nuovo amore... È il nostro primo viaggio assieme... Spero di essere ancora qui per festeggiare il nostro primo anno... eccetera eccetera eccetera.

Anche noi scriviamo qualcosa! Dice Uomo, dopo aver rapito non meno di una decina di pensieri altrui. Io fortuna che già sono seduta, sennò sarei crollata come una pera cotta al cospetto di David Gnomo (che peraltro ricorderò sempre per una figurina dell'album delle figurine in cui era ritratto da dietro mentre si ripassava le chiappe con un asciugamano), con la bavetta alla bocca in preda alle convulsioni.

Appena recupero l'uso della parola gli dico di pensare lui a cosa scrivere. Storce il naso, ma gli serve poco per trovare l'ispirazione. E come se niente fosse, così, semplicemente, dice: Meglio di così...? È tutto perfetto.

Così, semplicemente, io rimango tramortita. Stordita. Stecchita.

La notte prima, dopo aver fatto l'amore per la terza volta (niente paura, in 12 ore) mi era successa una cosa strana. Mi ha assalita un bisogno irrefrenabile di uscire, di respirare aria, di camminare... Avevo bisogno di sfogare tutta l'energia accumulata in questi giorni con lui, di liberare l'intensità delle emozioni che sto vivendo. Mi sono sentita sopraffatta. È tutto così grande, così forte, così tutto e ovunque.
Sono uscita sul pianerottolo del B&B in mutande e reggiseno, con i vestiti e le scarpe in mano, girando la chiave nella toppa della porta ad intervalli regolari seguendo il suo respiro, incerta se affrontare una crisi di pianto o una crisi di iperattività. Nel dubbio, entrambe. Ho imboccato a gran velocità la stradina sterrata che porta sul ciglio asfaltato della comunale, divorando la salita tutta d'un fiato. Poi mi sono fermata per cercare un'altra via d'uscita, più sicura di una strada di campagna stretta e buia su cui si stavano avvicinando sparati i fanali di un'auto. La prospettiva di finire i miei giorni spalmata tra i colli del Conero mi ha imposto di restare lì, in piedi, un po' barcollante per la verità.

Mi sono girata e da lontano ho guardato l'agritur. L'agritur con lui dentro, sdraiato a letto a pancia in su, le braccia alzate sul cuscino, il ronzìo del respiro appesantito dalla cena tipica, in un modo che mi è quasi familiare. Da lassù riuscivo a vedere l'intera struttura, con il giardino e le colline dietro, e il recinto con le oche e un sacco di stelle. Il tutto avvolto in una luce tra il blu e il grigio scuro, ma luminoso.
Vedere tutto da lontano. Abbracciare con lo sguardo l'intera situazione. E restarne fuori. Prendere le distanze per rendersi conto, di più, di quello che si sta vivendo. E sentire i dubbi. Il terrore. La pienezza. La felicità.

Sono rimasta in piedi lassù per mezz'ora. Con il rigagnolo delle lacrime ormai secco, a tirare la pelle delle guance. E una gran voglia di esplodere.
Lentamente si è sopita. Così sono scesa, tornando sui miei passi, salutando le oche, forzando la respirazione per prendere più aria possibile. Ho girato la chiave nella toppa della porta ad intervalli regolari, immaginando di seguire il suo respiro. Poi mi sono seduta sul letto, l’ho sfiorato, si è svegliato e tutto è ricominciato.

Bello, intenso. Senza dubbi né terrore quando i suoi occhi azzurri accarezzano i miei. Solo pienezza e felicità. Così, semplicemente.