15 gennaio 2011

Il parto. Una cosa allucinante.

La lettura del seguente post è caldamente sconsigliata a donne incinta oltre il terzo mese di gravidanza.

Il parto è effettivamente quella cosa dolorosissima che si crede. Dura un'infinità anche se in realtà si tratta di una manciata di ore. C'è un momento in cui si è decise a mollare, e quello è il momento in cui l'inquilina/o sbuca fuori. E IMMEDIATAMENTE si sta bene. Da quel preciso momento l'inquilino/a parte alla conquista del mondo e prende il sopravvento su tutto il resto. Anche sui ricordi del parto.

Ecco come sono arrivata proprio lì. Cioè qui.

Giovedì sera, ore 23, sono a letto con delle contrazioncine e delle perditine strane. Provo ad infilarmi sotto le coperte. Uomo russacchia, io sonnecchio.

Ma non sono tranquilla e seduta sul ceppo mi rileggo gli appunti dei miei due corsi pre-parto. Cazzarola, devo aver rotto le acque! Senza però cascata del Niagara come in tutti i film che si vedono, tanto per semplificare le cose. Dalla mezzanotte mi dedico ad una serie di amene attività: svuoto la lavatrice, taglio un ananas, chiudo il sacchetto delle immondizie, avvio la lavastoviglie, faccio cacca 2 volte, telefono in ospedale. E alle 5 siamo lì, bravissimi ad aver fatto passare tutte queste ore.

Dopo il monitoraggio mi viene assegnata la stanza dove passerò i successivi 5 giorni. Il primo è anche quello più lungo. Le contrazioni si placano e io non ho assolutamente niente da fare. Fortuna che nell'edicola dell'ospedale trovo l'ultima copia di Vanity Fair e fortuna che il dibattito su facebook attorno alla mia condizione è piuttosto animato.

Fa strano sapere che il giorno dopo sarò mamma...

La notte le contrazioni ricominciano. Mi faccio visitare due volte ma qui pare vogliano a tutti i costi rimandarmi al cambio turno della mattina. Entro in sala travaglio (che dopo i lavori fatti nel reparto è anche sala parto) alle 8.15 e sono già dilatata di 4/5 centimetri, anche se l'ostetrica sostiene che le mie contrazioni non sono ancora quelle "giuste". La stanza è piccola e accogliente sulle tonalità dell'arancione. Ci sono strani "attrezzi" a disposizione delle partorienti: oltre al classico lettone anche una palla gigante rivestita di vellutino sulla quale ci si può sedere per "sciogliere" la muscolatura del bacino, e una specie di liana fatta di tessuti annodati tra loro. Quest'ultima è irresistibile... e scatta la foto ricordo "io Jane tu Tarzan". Lo so che non è normale fare foto ricordo della sala parto, ma siamo fatti così che ci volete fare. E del resto lo trovo meno agghiacciante di farmi riprendere per rivivere l'evento sul divano, in compagnia di popcorn e Coca Cola, come mi è stato suggerito di recente...

In ogni caso, un quarto d'ora e qualche goccia di ossitocina dopo, col cavolo che rido e faccio foto... Uomo mi fa dei massaggini sulla schiena e io, insopportabile, gli intimo di spostarsi di qualche centimetro, di insistere su un punto, di essere più delicato, perfino di smettere. Il tempo passa ma non so quanto veloce, finchè chiedo all'ostetrica Ma l'epidurale in tutto questo dove si colloca? Così scopro che potevo chiederla già da un po', ma che a quanto pare le mie contrazioni non sono "credibili" visto che il macchinario che le registra non segna grandi picchi. E io penso ma porc***, quanto male deve fare più di così?! Dopo l'anestesia e una ventina di minuti perchè faccia effetto sento più o meno lo stesso dolore. Mi concedo qualche altra contrazione e poi chiedo il rabbocchino. Peccato che ormai sono troppo avanti col parto e non si possa più fare... L'ostetrica si decide a cambiare il macchinario del monitoraggio ed eccole là le contrazioni che magicamente compaiono. Alla faccia... Del resto a sentire lei mi sarebbero toccate 12 ore di travaglio, fortuna che invece ce ne sono volute solo 4 e mezza.

Per chiudere in bellezza scelgo, per l'ultima fase del parto, una posizione originale: sdraiata su un fianco, con una gamba sugli appoggi del letto ginecologico che al momento di spingere devo piegare, tirando il ginocchio verso la spalla. Servirebbe un disegnino, ma faccio fatica ad inserire in questo quadretto Uomo, investito della grande responsabilità di spostarmi la gamba qua e là, su e giù.

E poi arriva il momento fatidico in cui inizi a bramare uno svenimento, l'anestesia locale e il cesareo, e invece senti dire Ecco, vedo la testa! Pensando alla battuta del film con J.Lo (Quella non è la testa...) raccogli tutte le energie che hai e che non pensavi più di avere e ti trovi con una specie di palloncino caldo tra le gambe... Nel frattempo Uomo ha sbirciato, ha avuto un cedimento emotivo ma non ha mollato, attorno a te si sono aggiunte altre 3 persone tra ostetriche e infermiere per un totale di 6 spettatori non paganti, tu non senti più alcun dolore ma tremi da capo a piedi.

E oltre le ginocchia sbuca lei. E' tutta appallottolata, grigetta, piccola piccola. Forse piange, non lo ricordo nemmeno. Ricordo che in pochi secondi era sul mio petto, raggomitolata, stordita dagli eventi (la sua nascita, in effetti, mica bazzecole) ma placida nel seguire il suo istinto.

Cavoli, è bella! E' BELLA! Uomo, hai visto che bella? E' B E L L A ! Uomo è finito in un angolo a sfogare l'emozione.

Mi chiedono se possono prenderla per un attimo per lavarla e vestirla, rassicurano la mia espressione titubante e nel frattempo riesco a far presente che il cordone ombelicale mi sta facendo un leggero solletico, guardo e commento la placenta, suggerisco a Uomo di guardarla anche lui (quando ti ricapita...) e alla sua titubanza sul tagliare il cordone insisto come un'invasata: Dai dai, taglialo taglialo! Il tutto succede non in quest'ordine, ma nella mia testa si accavallano nel momento subito successivo alla nascita della mia nanetta.

E poi me la rimettono lì, la mia nanetta. Ammiro da vicinissimo i suoi lineamenti, il fiocchetto della bocca, il naso a patatina, poi le manine perfette, i capelli ricciolini. Più giù non arrivo, rapita dall'espressione beata del suo sonno ovattato, inebriata dall'odore di questo fagottino che profuma di buono. A vederla così non si fatica a credere che stravolgerà le nostre vite.

Ogni tanto cerco di rendermi conto di quello che è successo.

Cazzo. Oggi ho partorito.

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