18 maggio 2008

Salutiamo il nuovo giorno

Ho tra le braccia un fagottino rosa e profumato. Pesa poco meno di 4kg e ogni tanto testa i muscoletti nuovi nuovi tirando le gambine e spalancando le dita delle manine. Sonnecchia e fa delle strane faccine.

La cosa più simile che io abbia tenuto in braccio così, fin'ora, è la Jessy. Coda, pelo e baffi a parte.
E di recente l'ho dovuta mandare all'estero dai miei per evitarle l'esaurimento nervoso, visto che io non ero mai a casa.

I miei amici si trovano, si amano, si sposano e fanno bambini. Una coppia tira dentro l'altra nel garantire l'evoluzione della specie.
La mia evoluzione invece è del tutto personale e si è fermata a qualche stadio fa. A quando il mondo tanto tanto grande appare pieno di possibilità da cogliere svolazzando allegramente tra un pistillo e l'altro.

Certo, la concorrenza per la conquista del pistillo inizia a farsi serrata e i pistilli ormai maturi sono insidiati pesantemente dall'inquinamento atmosferico che intacca le/i membra/i stanche/i e le menti imprigrite. Ma noi non ci scoraggiamo, raccogliamo l'entusiasmo adolescenziale residuo dimenticato nei bulbi piliferi e ci prepariamo a spiccare un nuovo volo.

16 maggio 2008

Fanculo a questo groppo in gola.

Fanculo alla bocca incollata per questa tristezza che secca l'aria. Scaraventata giù nella polvere guardo e riguardo la foto che mi hai spedito. Bella, bellissima. Splendida.

Perchè nelle foto assieme siamo sempre così belli?

Sono a terra. Anzi più giù. Cadere dal'alto fa più male. Dall'alto, dove quello che provo mi trascina prepotente. Verso il cielo assaporo la luce delle stelle.

Poi con un tonfo mi ritrovo qui.

11 maggio 2008

Vorrei

Ho un pelo bianco che mi cresce sul polso sinistro. Non è un pelo come tutti gli altri. E' bianco bianco e grosso. Quando passandoci sopra le dita lo sento, basta che lo afferri tra il pollice e l'anulare e si sfila via.
Vorrei che lo sapessi.

Non è vero che non sto mai da sola. Delle volte mi cerco dei posti dove concedermi un po' di tempo. Li cerco vicino all'acqua.
Per un periodo ho avuto una finestra tutta mia a Castelvecchio. E' sul ponte, a sinistra andando verso Corso Cavour. Non saprei dirti qual è, ma quando la vedo la riconosco immediatamente. Ora però ho posti nuovi, lì nei paraggi.
Vorrei che li conoscessi.

Quando piango gli occhi mi diventano verdissimi. Cristallini e luminosi. Davvero verdissimi.
Vorrei che fossi lì a guardarli.

Mi è comparso un neo nell'ombelico. Che oltretutto quand'ero piccola chiamavo bugnicolo. E' bello da toccare e se ci passi il dito poi ti resta sulla pelle un odore che c'è solo lì. Buono. Forte. Personale.
Vorrei che lo scoprissi.

Adoro pulire il parabrezza della macchina con il gommino quando qualcuno con cui sono in macchina fa benzina (capita meno spesso quando benzina la faccio io perchè di solito sono sempre in ritardo). Mi piace proprio la sensazione visiva di "Baleno e lavoro meno".
Vorrei che ne approfittassi.

Delle volte faccio la paracula ma mi sgamano di brutto. Proprio in pieno. Io a parole nego ma confesso col sorriso, e non resta il minimo dubbio che ci abbiano preso.
Vorrei che mi scoprissi.

Dov'è il tuo pelo bianco?

10 maggio 2008

In questi giorni ho fatto una cosa bellissima

Mi sono seduta lungo l'Adige, proprio di fronte a Castelvecchio. Terzo scalino sul livello dell'acqua. A destra il ponte, a sinistra il cielo carico di grigio. In mezzo io.
Mi sono portata il libro. Un giorno in più.

E come faccio da giorni, ormai, ho pensato.

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Firenze.

Stavolta Firenze. L'ultima tappa della mia storia a episodi.

Santiago compare tra la gente disordinata appena arrivata in stazione. Lo aspettavo, insolitamente smarrita, seduta sulla valigia più grande che ho.
Stavolta sono 5 giorni. E non lo so ancora cosa mi lasceranno.
L'abbraccio che mi accoglie è largo e avvolgente. Stretto e forte. Lo riconosco. Appartiene a quel senso di ineluttabilità che sento ogni volta che ci vediamo. Come se trovandomi lì io non dovessi essere da nessun'altra parte. Solo lì.
Accompagnata da questo senso di "consuetudine" salgo sul taxi, chiedo via Carducci 3, mi appoggio sul suo braccio, chiacchiero con l'autista.
E' l'ultima notte di aprile. L'arco di San Pierino ci traghetta dolcemente al giorno successivo.

Apro gli occhi stanca. Mi libero dalle lenzuola a cui mi sono impigliata girandomi e rigirandomi nel letto, sospesa tra il sonno e la veglia. Lui è lì accanto. Si fa scudo dalla luce seppellendosi sotto i cuscini. Sorrido, mi vesto un po' a caso e m'infilo sotto la doccia.
Ogni volta che lo vedo sono come attutita, in sordina. Mi sembra anche di respirare più lentamente, prendendo meno aria del solito, rilasciandone meno. Come quando ci si vuole avvicinare ad un animale selvatico e non lo si vuole svegliare, spaventare. Farlo scappare.

Giriamo per la città zeppa di turisti. E' il primo maggio e tanti posti da visitare sono chiusi.
San Marco, Piazza della Signoria, San Lorenzo, il Ponte Vecchio, Palazzo Pitti. Mi ritrovo tra il Duomo e il Battistero, a leggere sulla guida comprata apposta e tradurre in Spagnolo. Un déjà-vu di qualche mese fa, quand'ero qui con la Clo.
Il giorno dopo, a santa Croce, guardo di nuovo gli affreschi di Giotto. De' Bardi e Peruzzi. Li ho tutti e due di fronte. La mia migliore amica e... lui. Non posso non pensare allo strano effetto che mi fa vedere la storia dell'arte che si sostituisce a me nel tenerli legati. L'affetto per loro scalda questo posto.
Borgo de' Greci si affaccia proprio sulla piazza. Scegliamo un baretto dove la serata scorre facile assieme agli spritz.

Parliamo, come al solito. Ma di cose nuove.
Hai preso un terreno in Patagonia. Si affaccia sul lago. Immagina il tuo lago, mi dici, senza nemmeno una casa. E' bellissimo, mi dici. Devi vederlo quando verrai in Patagonia! Ma tanto tu non ci verrai mai in Patagonia...
Per un momento mi manca il fiato.

Ti racconto di Furio e ridiamo un sacco delle sue manie. Questo apre l'argomento 'essere single' ed esserne o meno responsabili. Poi mi spieghi il tuo dilemma. Da tre anni sei sospeso su una domanda. La domanda: "Me quedo u me voy?"
Di nuovo mi manca il fiato. E' lei quella che ci ha tenuto separati per tutto questo tempo? E' lei quella che ci ha tenuti uniti per tutto questo tempo?

C'è qualcosa di struggente e romantico nel nostro modo di incontrarci. Che ogni volta potrebbe essere l'ultima e non c'è modo di saperlo prima. Lo scopriremo solo quando ci accorgeremo di non esserci più visti. E sarà troppo tardi per despedirse.

Nel frattempo siamo tornati a san Pierino. E' giovedì notte e Ugo ci accoglie affettuosamente, come una coppia. E' rimasto stregato da un'Argentina e non si trattiene dal raccontarci, offrendoci il Chianti che serve per farci arrivare in camera in fretta, spegnere la luce, e finalmente incontrarci di nuovo.

Il week-end ha il sapore impolverato ed elegante di un vecchio film. A bordo di una 206 nuova di zecca, coupè cabrio, ci spingiamo fino a Lucca per cena, poi sui colli, in una villa affrescata in cui si balla tango. Il giorno dopo tocca a Siena e alla valle del Chianti. Mancava la musica, ma a sorpresa il rientro per via Carducci ci regala un contenitore pieno di cd, caduto a terra.
Ogni volta che ci incontriamo mi scopro serena, come per un generale senso di benevolenza rivolto a noi, guida di eventi propiziatori. Come se la fortuna ci vedesse e facesse girare le cose per il verso giusto. Te ne sei accorto, che quando stiamo insieme va tutto bene?

Il sole scalda l'aria, la rende luminosa mentre esploriamo il territorio. Sulla strada si affaccia un borgo e decidiamo di fermarci ancora una volta. La terrazza dà sulle vigne verso ovest. Ci sono pochi ospiti: un gruppo di americani stranamente discreti, una coppia che arriva dopo di noi e se ne va presto, il padre della ragazza che lavora qui, una bionda che si allontana con lui.

C'è pace. Anche per il cuore in subbuglio, che si assopisce appoggiato al tuo petto. Intanto il tramonto arrossa le guance morbide della campagna toscana.
Non voglio andare via. Non si può andare via. Questo è il posto capace di dare senso ad un viaggio intero.

L'ho scoperto domenica. Domenica mentre piangevo in treno, senza riuscire a smettere. Mentre schivavo gli sguardi altrui. Mentre raggiungevo la zia, che stava morendo. Mentre a poco a poco scoprivo qual era la mia domanda, la domanda che da tempo infinito, gli ultimi tre anni, avrei dovuto pormi.


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Da qualche giorno sto da sola.

Tempo fa avevo iniziato a leggere l'ultimo libro di Fabio Volo. Un'amica me lo faceva trovare sul comodino le volte che mi sono fermata a dormire da lei. Ero così stanca che non sono riuscita ad andare oltre i primi 3 capitoli ma ieri, tornando dal lavoro, ho fatto una deviazione in libreria.

Così eccomi qui, sul lungadige, in compagnia di un masurìn, qualche lacrima, e la storia di Michela e Giacomo.

Michela e... Santiago.

09 maggio 2008

La mia domanda

E se fosse lui?

E se fosse lui e per tutto questo tempo io non vessi voluto ammetterlo? E se fosse lui e io non me ne fossi accorta? E se fosse lui e io non fossi stata in grado di riconoscerlo?

Così, all'improvviso, tutto mi è sembrato chiaro. Chiaro e inevitabile. Sono innamorata. Sono innamorata di un uomo razionale ed indeciso, sospeso nel dilemma eterno me quedo u me voy, lontano, diverso, categorico e adulto.

Me ne sono accorta nel posto dei sogni. Il sole si posava blando su di noi e lui ha sorriso di un sorriso nuovo. Un sorriso paziente, spontaneo, sorpreso. Per dirmi che lui è anche altro da quello che vedo io, da quello che già conosco e so immaginare.
E io sono caduta dalle nuvole, su quella soffice coltre di inaspettata dolcezza. E' talmente chiaro che anche tu sai ascoltare, è così evidente che sai anche essere comprensivo, disponibile, tenero, spontaneo... Mi facevi sentire piccola. Mi facevi sentire "disordinata" e incosciente.
Mi facevi sentire intempestiva, esposta, vulnerabile. Tutte le volte che ci siamo visti ho fatto quello che credevo tu ti aspettassi da me ricacciando indietro tutto il resto.
Tutto il resto è un intero universo di emozioni che, ora so, sono tue. Le ho provate per te e ti spettano, desidero siano tue.

Ho riconosciuto i tuoi baci. Ho riconosciuto il tuo sorriso. Ho riconosciuto il tuo modo di avvicinarti, scoprirti, proteggerti. Come posso fare finta di niente, ora?

Vuoto

E improvvisamente non esiste più niente. Più niente oltre a te.
Ogni mio silenzio, ogni mia lacrima, ogni mio pensiero. Il tramonto è tuo, il vento è tuo, il rumore del mare, la pioggia che si rompe sulle guance. Il gelato a metà pomeriggio, la nuvola che ci fa ombra, i petali dei platani raccolti in vortice sul marciapiede.
Ogni dettaglio di questa mia vita normale. Ogni solito gesto, ogni luogo che incontro, ogni piccola cosa che scopro.

Ed io.