10 maggio 2008

In questi giorni ho fatto una cosa bellissima

Mi sono seduta lungo l'Adige, proprio di fronte a Castelvecchio. Terzo scalino sul livello dell'acqua. A destra il ponte, a sinistra il cielo carico di grigio. In mezzo io.
Mi sono portata il libro. Un giorno in più.

E come faccio da giorni, ormai, ho pensato.

*******************

Firenze.

Stavolta Firenze. L'ultima tappa della mia storia a episodi.

Santiago compare tra la gente disordinata appena arrivata in stazione. Lo aspettavo, insolitamente smarrita, seduta sulla valigia più grande che ho.
Stavolta sono 5 giorni. E non lo so ancora cosa mi lasceranno.
L'abbraccio che mi accoglie è largo e avvolgente. Stretto e forte. Lo riconosco. Appartiene a quel senso di ineluttabilità che sento ogni volta che ci vediamo. Come se trovandomi lì io non dovessi essere da nessun'altra parte. Solo lì.
Accompagnata da questo senso di "consuetudine" salgo sul taxi, chiedo via Carducci 3, mi appoggio sul suo braccio, chiacchiero con l'autista.
E' l'ultima notte di aprile. L'arco di San Pierino ci traghetta dolcemente al giorno successivo.

Apro gli occhi stanca. Mi libero dalle lenzuola a cui mi sono impigliata girandomi e rigirandomi nel letto, sospesa tra il sonno e la veglia. Lui è lì accanto. Si fa scudo dalla luce seppellendosi sotto i cuscini. Sorrido, mi vesto un po' a caso e m'infilo sotto la doccia.
Ogni volta che lo vedo sono come attutita, in sordina. Mi sembra anche di respirare più lentamente, prendendo meno aria del solito, rilasciandone meno. Come quando ci si vuole avvicinare ad un animale selvatico e non lo si vuole svegliare, spaventare. Farlo scappare.

Giriamo per la città zeppa di turisti. E' il primo maggio e tanti posti da visitare sono chiusi.
San Marco, Piazza della Signoria, San Lorenzo, il Ponte Vecchio, Palazzo Pitti. Mi ritrovo tra il Duomo e il Battistero, a leggere sulla guida comprata apposta e tradurre in Spagnolo. Un déjà-vu di qualche mese fa, quand'ero qui con la Clo.
Il giorno dopo, a santa Croce, guardo di nuovo gli affreschi di Giotto. De' Bardi e Peruzzi. Li ho tutti e due di fronte. La mia migliore amica e... lui. Non posso non pensare allo strano effetto che mi fa vedere la storia dell'arte che si sostituisce a me nel tenerli legati. L'affetto per loro scalda questo posto.
Borgo de' Greci si affaccia proprio sulla piazza. Scegliamo un baretto dove la serata scorre facile assieme agli spritz.

Parliamo, come al solito. Ma di cose nuove.
Hai preso un terreno in Patagonia. Si affaccia sul lago. Immagina il tuo lago, mi dici, senza nemmeno una casa. E' bellissimo, mi dici. Devi vederlo quando verrai in Patagonia! Ma tanto tu non ci verrai mai in Patagonia...
Per un momento mi manca il fiato.

Ti racconto di Furio e ridiamo un sacco delle sue manie. Questo apre l'argomento 'essere single' ed esserne o meno responsabili. Poi mi spieghi il tuo dilemma. Da tre anni sei sospeso su una domanda. La domanda: "Me quedo u me voy?"
Di nuovo mi manca il fiato. E' lei quella che ci ha tenuto separati per tutto questo tempo? E' lei quella che ci ha tenuti uniti per tutto questo tempo?

C'è qualcosa di struggente e romantico nel nostro modo di incontrarci. Che ogni volta potrebbe essere l'ultima e non c'è modo di saperlo prima. Lo scopriremo solo quando ci accorgeremo di non esserci più visti. E sarà troppo tardi per despedirse.

Nel frattempo siamo tornati a san Pierino. E' giovedì notte e Ugo ci accoglie affettuosamente, come una coppia. E' rimasto stregato da un'Argentina e non si trattiene dal raccontarci, offrendoci il Chianti che serve per farci arrivare in camera in fretta, spegnere la luce, e finalmente incontrarci di nuovo.

Il week-end ha il sapore impolverato ed elegante di un vecchio film. A bordo di una 206 nuova di zecca, coupè cabrio, ci spingiamo fino a Lucca per cena, poi sui colli, in una villa affrescata in cui si balla tango. Il giorno dopo tocca a Siena e alla valle del Chianti. Mancava la musica, ma a sorpresa il rientro per via Carducci ci regala un contenitore pieno di cd, caduto a terra.
Ogni volta che ci incontriamo mi scopro serena, come per un generale senso di benevolenza rivolto a noi, guida di eventi propiziatori. Come se la fortuna ci vedesse e facesse girare le cose per il verso giusto. Te ne sei accorto, che quando stiamo insieme va tutto bene?

Il sole scalda l'aria, la rende luminosa mentre esploriamo il territorio. Sulla strada si affaccia un borgo e decidiamo di fermarci ancora una volta. La terrazza dà sulle vigne verso ovest. Ci sono pochi ospiti: un gruppo di americani stranamente discreti, una coppia che arriva dopo di noi e se ne va presto, il padre della ragazza che lavora qui, una bionda che si allontana con lui.

C'è pace. Anche per il cuore in subbuglio, che si assopisce appoggiato al tuo petto. Intanto il tramonto arrossa le guance morbide della campagna toscana.
Non voglio andare via. Non si può andare via. Questo è il posto capace di dare senso ad un viaggio intero.

L'ho scoperto domenica. Domenica mentre piangevo in treno, senza riuscire a smettere. Mentre schivavo gli sguardi altrui. Mentre raggiungevo la zia, che stava morendo. Mentre a poco a poco scoprivo qual era la mia domanda, la domanda che da tempo infinito, gli ultimi tre anni, avrei dovuto pormi.


*****************

Da qualche giorno sto da sola.

Tempo fa avevo iniziato a leggere l'ultimo libro di Fabio Volo. Un'amica me lo faceva trovare sul comodino le volte che mi sono fermata a dormire da lei. Ero così stanca che non sono riuscita ad andare oltre i primi 3 capitoli ma ieri, tornando dal lavoro, ho fatto una deviazione in libreria.

Così eccomi qui, sul lungadige, in compagnia di un masurìn, qualche lacrima, e la storia di Michela e Giacomo.

Michela e... Santiago.

2 commenti:

ev ha detto...

Non c'è che dire: scrivi decisamente meglio tu, dell'autore del libro che stai leggendo.. e hai anche molto più da dire

Anonimo ha detto...

.......che bello questo post
che bella che sei tu
che bello esserti amica
che bello che tra 4 giorni ti abbraccio di nuovo!!