29 aprile 2009

Sono le piccole, grandi cose inattese di questi giorni

Mammamia quante cose succedono tutte d'un colpo!

E' bello scoprire un amico in chi ti sta vicino da tanto. Darsi il tempo di una notte per scoprire la confidenza e condividere pensieri e sentimenti di getto, uno dopo l'altro. Con tequila, pizzichi di sale, gocce di limone.

E' bello sapere che le giornate passate con una persona a cui vuoi veramente bene sono veramente belle per merito suo.

E' bello incontrare uno sconosciuto su un treno, sentire che si crea un contatto, assecondarlo, prendersi una giornata di pausa dal resto della propria vita e poi lasciarsela alle spalle. Così, con leggerezza.

E' bello dopo tanto, tanto tempo cucinare per un uomo.

E' bello anche sentire quest'uomo cedere alle sue stesse regole e confessarti la sua paura di innamorarsi. Di te.

E' bello scoprire che due amici aspettano un bimbo ed esserne stupiti. Lo sconcerto, il timore, la sorpresa diventano a poco a poco felicità. Una felicità che sa di conquista e ti costringe a mantenere quel po' di incoscienza che rende tale una Vita.

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Ecco, così non mi perdo niente per strada.

15 aprile 2009

Verità

Indie dice un sacco di stronzate. Attacca a parlare e non la smette più. Parla di lavoro, di lavoro, e ancora di lavoro. Poi ci mette i figli. Poi le ex mogli (ben 2). Poi il suo amico Yv. Le immersioni, con gli scooter subacquei e le grotte e il suo livello di comfort.

Tra le tante cose che dice ce ne sono certe che tornano ciclicamente.

  • Il suo Capoarea, che subito dopo diventa Area Manager sottolineando che il termine capo non è bello.
  • I Fontanazzi (una delle grotte più esplorate dai sub).
  • Le piantine rubate in giro che ha sparso per casa.
  • Il pollo come lo cucina per i bambini.
  • La cacca e i suoi derivati, comprese le modalità in cui si fa, i suoni che produce, gli aromi che emana.

In mezzo a codesti interessanti argomenti ogni tanto si insinuano, del tutto a sorpresa, delle Verità. Verità sul mio conto. E queste Verità sono dette quasi di nascosto, una volta che il sole è tramontato. Perchè l'uomo tanto parla durante il giorno quanto tace a luci spente (e quando rischia di dire, rischia pure di farlo in maniera intelligente).

Verità n.1
Sono sempre sulla difensiva. Ogni volta che lui dice qualcosa devo ribattere.

Verità n.2
Sono taaaaanto diretta. Alcuni uomini li posso anche spaventare.

Verità n.3
Quando parlo di me parlo di una vita fantastica, che non è quella di tutti. Mai una volta che io racconti di "quel mio amico di Parona". Le mie storie iniziano con "quando vivevo in Belgio", "i miei amici che stanno a Dublino", "a Barcellona facevo", "in Inghilterra mi è successo che"...

Altre Verità sono già ampiamente note a tutti voi, tipo quanto sono intelligente, per nulla banale, stimolante, chiaramente affascinante... Per questo non le includo nella lista.
Ma sulle 3 che ho citato sto meditando. Perchè a guardarsi con occhi altrui si finisce per scoprire cose nuove sul proprio conto. E io non voglio perdere l'occasione.

14 aprile 2009

La stagione è aperta!

Pasqua non è tempo di vacanzone. Alla fine si sta a casa solo un lunedì e nonostante la festività religiosa sia la più importante del calendario il mio modo di vivere piuttosto laico e la necessità di controllare il peso la fanno passare quasi in sordina.

E poi io di Pasquette con gli amici ne conto veramente poche. Questa, come le altre feste comandate, le passo sempre in Friuli dalla nonna, con la Cugi, i miei e il resto dei parenti.

Il Friuli è il posto dove la mia famiglia si riunisce, da varie parti dell'Italia e dell'Europa (che fa figo dirlo!). Fino a tre anni fa era anche il posto del relax vero: si poltriva davanti alla tv accanto alla nonna che sonnecchiava, si andava a dormire dopo i programmi di prima serata, ci si muoveva in bicicletta o a piedi per andare a fare un po' di spesa e addirittura c'era tempo per fare shopping.

Poi la zia è stata male. Da Milano è rientrata in emergenza. Il trasloco glielo abbiamo fatto noi, la sua casa non l'ha più vista. Non ha nemmeno salutato il Gigio, che ha ricominciato a fare le fusa qualche giorno dopo dalla Cugi. In Friuli si andava più spesso e ci si andava per lavorare: tirare su il morale a turno prima alla zia e poi alla nonna, sgridarle perchè non andavano d'accordo, incoraggiarle perchè non si lasciassero andare. E continui via vai da casa all'ospedale, i pranzi delle feste sempre con un posto vuoto, il balcone spoglio senza nemmeno un fiore di primavera.

La zia ci ha salutati il 5 maggio. Il giorno prima ero lì ad accarezzarle le ossa del bacino. Rannicchiata e inquieta, viveva ormai in un costante stato di sonno, turbato. Un riposo senza tregua. Credo fosse davvero stanca. Credo si fosse davvero stufata di resistere. Resistere per cosa? Inspirare, espirare, inspirare, espirare. Nulla più.

Da allora andare in Friuli è stato un continuo via via da casa all'ospedale, facendo tappa in cimitero. Il cimitero "di Madonna" è bellissimo. Sta su una collina, c'è sempre il sole, l'aria è fresca e l'atmosfera serena e raccolta. La tomba di famiglia è un monumento che fa angolo e il 1° novembre si riempie di un chiassoso parentame. Andarci il resto dell'anno ti fa scoprire che c'è qualcuno che viene spesso come te, spazza via le foglie e la polvere, rinnova l'omaggio di piante e fiori freschi di stagione.

Da quando è mancata la zia conosciamo tutti i nuovi inquilini. Delle volte li incontriamo che i fiori delle corone sono ancora freschi e rigogliosi, altre volte invece delle corone non restano che ciuffi marci. In questo secondo caso il nome ha già un volto. In ogni caso ci fermiamo a dare il benvenuto al nuovo compagno di viaggio.
Abbiamo imparato a notare anche le vecchiette che nel pomeriggio vanno lì e sembrano in passeggiata. Quelle vecchiette passano da una tomba all'altra, scrutano i nomi, commentano le date di nascita e di morte, le storie dei clan familiari, le composizioni floreali. Chel lì a ere un di chei di Buje. No tu ti visis tu? Al viveve lì del emporio cun che femine tan biele...

Solo due mesi fa il continuo via via da casa all'ospedale, con tappa in cimitero, era per la nonna. Ogni giorno sembrava l'ultimo. E non mi pare vero ora che ho ricominciato a scherzare e ridere con lei, a portarla a messa a piedi (io a piedi, lei sulla sedia a rotelle che, nobile com'è, non le va proprio a genio), a vederla mangiare di gusto, rubare i dolci, mettersi il pigiama da sola, spingersi col trabiccolo (il passeggino che le ha dato in dotazione l'asl, su cui ci si appoggia per deambulare in sicurezza; diverso dal trespolo che era invece una sorta di impalcatura di sostegno per mantenere la posizione eretta, in dotazione alla zia per girare per la casa).
Ora a me sembra incredibilmente lontana la sofferenza di una manciata di settimane fa e lei addirittura non ricorda nulla. Le ho raccontato qualcuno dei dettagli più inquietanti proprio domenica, e in tutta risposta mi ha chiesto se aveva la depressione. No nonna, la depressione è una malattia da ricchi insoddisfatti mentre tu sei solare e piena di entusiasmo!


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Ecco. Dunque. Volevo raccontare che il giorno di Pasquetta sono andata al lago con tre amici, ho fatto la prima immersione della stagione, mi sono goduta il sole pisolando sulla spiaggia.
Come sono finita a parlare di malattia, ospedali, cimiteri e attrezzature per la deambulazione degli anziani non lo so proprio.

08 aprile 2009

La verità è che non gli piaci abbastanza

Così con oggi chiudo.
Allievo ha rifiutato le possibilità che gli ho dato. Non importa se ha i suoi buoni motivi per farlo, il risultato resta comunque che non c'è spazio per me.

La cosa bella è che c'è il sole. Ho appena fatto un colloquio, ho scoperto che diventerò zia di una bimba e mi posso godere il centro città (su dei tacchi vertiginosi, oltretutto...) in maniche di camicia.
Una splendida giornata per chiudere. Una splendida giornata per guardare altrove, chè l'orizzonte è limpido e lo sguardo può avventurarsi lontano.

07 aprile 2009

Da grande farò il pompiere

Una volta avevo un ragazzo. E il mio ragazzo era un Vigile del Fuoco.
Ero orgogliosa che fosse un Vigile del Fuoco.
Ero orgogliosa che fosse il mio ragazzo.

Per questo sono contenta di sapere che andrà in Abruzzo. Sono contenta di sapere che lui e il Ty sono pronti per partire, che daranno l'anima per tirare fuori chi ancora è sotto le macerie, che si spaccheranno la schiena anche dopo, quando saranno rimasti solo detriti e polvere e corpi da spostare.

Allora mi ricorderò di dire loro grazie.

E mi ricorderò di quando il mio ragazzo era un Vigile del Fuoco. Che ero orgogliosa fosse un Vigile del Fuoco. Che ero orgogliosa fosse il mio ragazzo.

Alla fine, dopo così tanto tempo glielo posso dire: grazie.

06 aprile 2009

Il week-end interrotto

Rifletto sull'andazzo dello scorso week-end.

  • Prima immersione della stagione: annullata causa pioggia
  • Vinitaly: annullato causa impegno improvviso della Vet
  • Seconda proposta Vinitaly: annullata causa prova su strada della nuova Y Ecochic
  • Prova su strada della nuova Y Eco-chic: annullata causa mancanza della macchina
  • La serata cena+ nanna a casa di Steph; annullata causa inettitudine dei due partecipanti
  • Serata a Tangoteca: inconcludente causa mancanza di uomini che mi invitassero a ballare

Entusiasmante, no?

04 aprile 2009

Non sono mica una maniaca!

Ieri sera sono uscita. Aperitivino in centro con la Vet.
Incontro per caso il Nick e la piazza è piena di gente causa Vinitaly. Sentire tante parlate diverse accende lo spirito. E tra una conoscenza e una chiacchiera scrocco qualche giro qua e là.
Quanto bello è starsene all'aperto con un buon vinello che rinfresca la gola! E l'aria della primavera che muove i capelli senza costringerti con giacche sciarpe guanti cappelli!

Mi faccio accompagnare alla macchina e saluto la Vet. Saranno al massimo le 23.30.
Poi non resisto... Furtiva controllo che giri l'angolo per tornare sui miei ultimi passi. In un batter d'occhio vedo sbucare tra i tetti le finestre di Allievo.
Per la verità non vedo le finestre, ma la cornice in muratura delle finestre ad arco. Non vedo nemmeno la luce della sala, ma credo solo il riflesso del lampione giallo appeso proprio lì sotto. Insomma, sostanzialmente non si vede un kezzo ma io so che è lì, che quello è il posto, e mi basta.

Attacco una sigaretta (lo dico spesso ultimamente ma di fatto non è che ho iniziato a fumare, è che ho comprato tempo fa un pacchetto super glam che merita di essere tirato fuori ogni tanto) e mi fermo nell'atrio di un negozio di fronte. Ogni tanto mi affaccio sulla strada e sbircio a destra e a sinistra per essere sicura che non stia arrivando. Che se mi vede poi pensa che gli faccio la posta sotto casa... E come lo convinco che non è vero.

Tiro l'ultimo pizzico di tabacco. Dò un'ultima occhiata verso l'alto. Un ultimo pensiero cerca di intrufolarsi in quella tana, di farsi spazio tra l'amarezza, la confusione e il senso di colpa che vizia ogni cosa. Peccato. Peccato che lui non possa sentire.

Inforco le tasche del mio soprabito, afferro la tracolla della borsa, giro i tacchi e riporto le mie chiappe da maniaca a casa.

02 aprile 2009

Uff che fatica.

Mi sono permessa di scrivergli. Solamente Hey, come stai?

Ore dopo mi ha risposto.
Scusa ma è stata una giornata da schifo... Non lo so come sto... Certo confuso... Un poco in crisi ma credo sia normale! Ti prego porta pazienza. Bacio.

Solitamente non è che il giorno dopo che vado a letto per la prima volta con qualcuno io ambisca a commenti tipo è una giornata da schifo...

Nonostante questo ho detto Sì. Sì che avrò pazienza, anche se non è decisamente la mia dote migliore. Ho detto che alla fine ha condiviso con me qualcosa che per lui è difficile e importante. Ho detto che ci sono per condividere anche tutto quello che di bello ci può essere quando due persone si incontrano.

Però ho detto per l'ultima volta. Non posso mica esserci sempre in cambio di niente.

01 aprile 2009

Chissà chissà

Sono agitata.
Sfreccio in autostrada. Il cielo di un grigio pesante. Il mio piede sull'acceleratore pure.
Cerco la colonna sonora giusta per darmi il coraggio che mi serve ma non farmi arrivare a destinazione troppo esaltata, quieta piuttosto. E' una serata importante questa. Teardrop del Massive Attack concilia l'intensità dello stato d'animo che mi porto in giro negli ultimi giorni. Poi scelgo la radio, che mi ripaga con Given to fly dei PJ. E correggo il tiro con una punta di cielo sereno, di quello non sfrontato.
E' davvero una serata dal finale aperto.

Allievo ha indugiato sul da farsi. Mi ha chiesto "cena fuori o a casa?". Io ho la mia preferenza, ma ho lasciato decidere a lui. Quando scendo dalla macchina non trovo subito il sorriso aperto che conosco. Le labbra sorridono, ma c'è come un'ombra, una tensione nello sguardo.
Niente, non ce la fa a decidere dove andare. Non vuole prendersi da solo la responsabilità di quello che sta meditando da tempo. Allora gli propongo il posto dove porto tutti i miei uomini, avendo la delicatezza di usare altre parole, altre virtù per presentarglielo: è un posto carino, intimo, senza pretese sul cibo ma con un ripasso di Valpolicella che mi piace un sacco. Nonostante i miei sforzi, prima di varcare la soglia ride e si ferma a cercare le crocette delle prede che sono passate di là. Lui scherza, io invece sorrido, di quel sorriso che vuol dire Mannaggia, c'hai preso. E tra me e me scoppio di felicità per quest'uomo che mi sgama sempre, senza saperlo, spontaneamente. Se un giorno se ne rendesse conto... Se un giorno.

La cena è rilassata, distesa. La voglia di raccontarsi è tanta. E' quella voglia che apri mille parentesi ogni volta che attacchi con un discorso. Quella voglia per cui ridi sempre e nel frattempo ti avvicini. E tutto il corpo -il busto leggermente girato di fianco, la testa inclinata, la mano spostata più in là...- tutto il corpo vorrebbe gettarsi sull'altro, lasciarsi assorbire, e lì scomparire.

Un solo bacio prima di alzarci per andare via.
Andiamo a casa. Lui lo sapeva già. A questo era dovuta l'ombra scura su quel sorriso.

Casa sua mozza il fiato. E' un appartamento su due piani, in un palazzo storico che ne ha 4 in tutto. Al terzo piano l'ingresso che dà su una scaletta stretta e ripida. I gradini si avvolgono l'uno sull'altro prima di aprirsi in un corridoietto. 2 stanze, quella dei bambini e quella col lettone matrimoniale. Un bagno con la doccia e una piccola sauna. Altre scale che tolgono il fiato per quello che ti si apre davanti. Sono sul tetto. Una sala con 3 pareti a vetri tra cui lo sguardo non sa scegliere. Il campanile della chiesa di Santa Anastasia, la punta mozza e candida del Duomo, la Torre dei Lamberti... Io non vorrei staccarmi da quelle vetrate. Io che quando entro in un posto nuovo corro subito alle finestre. Io che su quei tetti vorrei lasciar rimbalzare un piccolo sole di felicità. Un mio piccolo sole.

Lui dov'è? Lui è agitato. Continua a scendere e salire. Porta cose, prende cose, sposta cose. Mi dice di scegliere la musica. Quando infilo il cd di Anita Baker nel lettore la luce è spenta. Sui davanzali candele rosse, di quelle basse e tozze. Accese.
Il divano sarà il nostro posto. Il divano rosso è il posto dove ha deciso, immaginato, sperato di riuscire a rompere il suo incantesimo. Ha sperato anche di stare bene, dopo. Non ha immaginato con chi. Anche se ha deciso con me.

Io faccio quello che devo fare. Mi avvicino, lo assecondo, lo interrompo, gli ricordo che nulla è scontato, mi ferma. Mi chiede a parole di non parlare, con lo sguardo di lasciarlo continuare.
Ok. Lo so di cosa ha bisogno. Ha bisogno che io lo assecondi, che non gli faccia domande, che non gli permetta di pensare. Ha bisogno di chiudere gli occhi, trattenere il fiato, nascondere il viso nel cuscino. Ha bisogno di non capire troppo quello che sta succedendo per riuscire a rompere l'incantesimo. La formula magica dice E' un anno che non sto con una donna...

E io, di cosa ho bisogno io? Io ho bisogno di sentire che sei lì con me. Ma non ti trovo. E non ti cerco, quando vedo che ti stai già rivestendo. Non serve insistere per scoprire che non ti troverei.

Scendo da quel piccolo paradiso triste da sola, al buio, le scarpe in mano. Parole di convenienza mi accompagnano per le scale. Questa sembra più una ritirata che il congedo tra due amanti, ma mi sforzo di non pensarci. Mi sforzo di non pensare proprio a niente. Fuori piove.

Infilo le scarpe. Mi schiaccio bene il cappello sugli occhi. Chiudo il cappotto. E mi accendo una sigaretta.
I tacchi delle scarpe risuonano lungo la via deserta. Saldi. Regolari. La pioggia spessa spalma la mia sagoma sul pavé lucido. Vorrei che anche alla mia testa fosse riservato lo stesso dolce trattamento. Invece quella continua a pensare. La parcheggio per un attimo sul punto più alto di Ponte Garibaldi.

Non dipende più da me. Ora dipende solo da lui, che sarà in preda ai più profondi sensi di colpa verso l'ex moglie, i figli, la sua vita di prima, l'idea dell'amore, i sogni per il futuro, quella casa a cui non sente di appartenere. Persino il divano rosso, la copertina blu, le candele sui davanzali.
E io... Io sono rimasta agganciata a tutto questo.

Bene. Meglio scendere dal ponte adesso. Che nulla succede per caso.
Simone mi aspetta a cena con un tizio per lavoro. Mi ha chiesto se stasera lo ospito. Gli racconto. Rido. E lascio che mi abbracci tutta la notte.

Stavolta sono io che ho bisogno che qualcuno faccia qualcosa per me.