28 luglio 2009

Giap all'ora di punta

Tanta tanta tanta voglia di giap è rimasta frustata dalla mia malsana idea di ordinare un'insalata.

Per quanto giap, l'insalata mangiata con le bacchette, in un locale giap in cui c'è altra gente più abile di te con i cibi giap (ma poca, che quindi ti nota per forza) è una vera agonia.

23 luglio 2009

Al via il nuovo casting!

Vuoi far parte anche tu dell'albo d'oro di Chatouche? Sono aperte le iscrizioni per l'ultimo casting!

I candidati sono pregati di fornire un'accurata descrizione della propria persona senza tralasciare:

  • caratteristiche fisiche rilevanti (a parte le 3 dimensioni altezza, larghezza, profondità mi riferisco a pettinature strane, nasi particolarmente pronunciati, gambe a 8 e così via)
  • età
  • domicilio a casa dei genitori
  • ex mogli o figli a carico
  • motomuniti (e intendo MOTO, gli scooteroni non valgono)
  • lingue conosciute ed esperienze all'estero
  • eventuale brevetto sub.

Chatouche ha deciso di darci qualche dritta per affrontare al meglio le prove fisiche rispondendo ad alcune semplici domande. Prendete ispirazione!









Uomini, fossi in voi non aspetterei un minuto in più. Mandate la vostra candidatura!

La prova. 2.

Sono stata brava stasera, ho resistito. Eravamo in macchina assieme.

Nessuna stranezza. Solo ai saluti finali mi ha stretta forte. Io no. Mi ha schioccato una serie di baci sul'orecchio. Io no. Non ho abbracciato, non ho baciato se non cordialmente su una guancia, io. Staccandomi non ho guardato negli occhi.

Ora che sono a casa non dormirò. Ma nemmeno piangerò. E non mi getterò sul gelato alla panna con mirtilli e lamponi freschi. Fatto fuori ieri notte... E' così che si inizia a guarire? Per lo meno non subisco passiva il suo tripudio di negazioni ma dò il mio contributo attivo al duello.

Certo che lui... Lui non fa neanche una domanda.
E' così facile costruire la distanza, quando due persone credono di volersi bene? E' così breve il tempo che da amanti ci trasforma in estranei? Soffoco il disagio fisico che mi causa l'iprocrisia dei silenzi con cui ci siamo difesi.

Mentalmente faccio l'elenco dei cd che finalmente stasera gli ho lasciato. Gal Costa, Nitin Sawhney, Gabin... Ne restano altri quattro, ma non penso serviranno per chiudere il rituale: stasera ero pronta. Non me li restituirà, sono un regalo. Non un gesto gentile. Solo uno dei miei regali.

22 luglio 2009

La prova. 1.

Non sente la mia mancanza, non sente la mia assenza.

Al bar parla col pdm della sua barca, degli ultimi week-end che è andato a vela, dei suoi bambini. Io mi sento totalmente TF (tagliata fuori). Io SONO totalmente TF. E quello che sta raccontando l'aveva prospettato a me tempo fa. Saggiamente avevo commentato con un sarcastico Non riesci nemmeno a portarmi a cena fuori, cosa vuoi parlare di week-end in barca. La frase dell'esorcista, della volpe che non vuole ammettere di essere troppo bassa perchè l'uva la noti (più o meno questa era la storia).

Io respiro lentamente. Respiro lentamente e dico vado, buonanotte a tutti. Per la cronaca io che me ne vado prima che la serata finisca non si è mai visto. E infatti resto. Resto senza troppa convinzione ma perchè lui dice di aspettare che finisca la sigaretta. Due volte lo dice. Pesando le parole e il tono della voce e guardandomi in faccia.

Allora aspetto. Ma al momento di andare saluto velocemente sulla porta del locale e vado in bagno. Così non rischio che restiamo soli. O che si capisca che sono io che lo voglio. Quando risbuco fuori e mi muovo verso la macchina lui è andato via. Sul serio intendo. Non mi ha aspettata, non mi ha cercata, non mi ha chiamata. Un tripudio di negazioni.

E' talmente semplice.
E doloso.
Fa male kazzo.

21 luglio 2009

Immancabile arriva la resa dei conti

Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente.

Lo sapevo che sarebbe arrivato. Sms di Allievo sulla lezione di stasera.

Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente.

Ce la posso fare a superare la serata. Ce la posso fare.

Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente. Respira lentamente.

Chiedi e ti sarà dato

Ed eccolo il fuoriprogramma!

Vinco una gita allo stabilimento di Pordenone con una troupe tedesca che deve realizzare un documentario. Scatta immediata la telefonata: Steph, scommetto che hai assolutamente bisogno di farci un salto pure tu. Mi accompagni?

Così è di nuovo pini marittimi della A4, guado sul Meduna, crudo di San Daniele. Finalmente una giornata slow di grasse risate. Sempre le solite, con le lacrime agli occhi e i singhiozzoni che uno sguardo di sfuggita scatena e riscatena e riscatena di nuovo.

Non voglio doverci rinunciare. Mai.

20 luglio 2009

Letterina a Babbo "Steph" Natale

Avrei voglia di una giornata tipo Navigli/SalonedelMobile ma con meno sbattimento di strada da fare come Valeggio/tortellini, un buon Pimm's serale vedi EstateDueMilaOtto, una nota bucolica quale Codroipo/panealleolive e zero discorsi/pensieri su donne/uomini vari e pur sempre inutili. Tutto assieme.

Capito Steph?

15 luglio 2009

Oggi mi sento più o meno come un calzino dimenticato nella lavatrice.
Un calzetto di spugna che una volta era bianco (più o meno negli anni '80, quando andava di moda) e ora è grigetto. Di quelli che si sono asciugati ancora tutti stropicciati dalla centrifuga e sono finiti appiccicati sul fondo del cestello. Aspetto pazientemente che qualcuno si accorga di me e mi stenda. E non è una questione interiore, ma puramente fisica (e anche vagamente allusiva).

Fortuna che c'è il lavoro.
Da giorni la mia mente vorrebbe librarsi nel cielo limpido delle grandi idee creative e invece resta incollata sul fondo del cestello. Credo proprio che per oggi il massimo che riuscirà a produrre sarà odore di bucato umidiccio. Domani potrebbe arrivare a produrre frammenti di fazzoletti di carta dimenticati in tasca. Dopodomani persino uno strato di tenue rosa su mutande e magliette.

Poi è già week-end. E azzeriamo tutto.

11 luglio 2009

Di Imprevisti e Probabilità

E ad un certo punto, l'Imprevisto.

Arriva dolcemente, sottoforma di pat pat sulle chiappe pelose. E' accompagnato da una vocina bassa bassa che sale da lontano, dal dormiveglia. Jessiiiiiii... Jessy sveglia, dai. Suppo (espressione tipicamente friulana) che voglio togliere questi cartoni. Inizialmente pare innocuo, attutito com'è dal limbo del sogno. Ma seppure gradualmente, morbidamente, delicatamente, lo stesso ci sveglia, ci costringe ad alzarci, guardarci attorno e prendere atto del cambiamento.

Così la Jessy ora è seduta. Il suo sguardo giallo vagamente scocciato sbuca dalle doppie palpebre ancora lente per il sonno interrotto bruscamente. La coda sferza il cuscino. Prima a destra. Poi a sinistra. Destra. Sinistra. La punta rintocca sul cartone, segnando il tempo come un vecchio metronomo. Il via vai dalla sua stanza le pare continuo, fastidioso, veramente insopportabile. E' giunta l'ora di muovere il suo regale di dietro e cambiare aria.

L'impatto è quello di un fulmine a ciel sereno. Che dico, di una secchiata d'acqua gelida sulla pelliccia lucida.
Qua è cambiato tutto!!! Non ci sono più i miei angolini preferiti in cui rifugiarmi, le sedie della siesta pomeridiana... C'è un lettone nuovo dove prima c'erano libri e scrivanie e borse di sub a terra... E questi mobili, da dove arrivano?! Devo vedere, devo toccare con zampa, devo capire... MIAOOOOO! Apritemi queste ante, subito! MIAOOOOO! Fatemi entrare in questi cassetti!

Jessy gira per la casa come un ossesso, la coda bassa: ogni giudizio è sospeso, prima deve studiare la situazione. Tutto è nuovo, diverso. Tutto è caotico e disordinato e anche impersonale. E poi ci sono certi odori che arrivano da fuori. Odori di altro, per nulla invitanti! E tutto questo è successo mentre schiacciava un pisolino!!!
Ho bisogno di un momento di tregua, devo riprendere fiato. Questa è una rivoluzione e nessuno mi ha detto niente! Meglio che mi prenda qualche minuto per rielaborare. Qui ci vuole il mio cuscino da meditazione! Eccoci, quella è la porta. Saltiamo qualche ostacolo... hop! Schiviamo questi bruti che hanno invaso e stravolto tutto e finalmente... finalmente... NOOOO! E' UN INCUBO! DOV'E FINITO IL MIO POSTO?!

Durante la mezz'ora successiva Jessy si appiccica ai suoi padroni e li segue come un'ombra, miagolando di tanto in tanto per ricordare della sua esistenza. Aspettami! Non lasciarmi qui sola! Non voglio perdermi...
Calano le tenebre. Nell'oscurità, ormai sconsolata e rassegnata ad ammettere lo stravolgimento in atto, non le resta che accucciarsi sul nudo pavimento, in mezzo ai rottami. In quel punto una volta si ergeva il suo posto. E ora il niente.

**********

L'indomani è una bella giornata di sole che illumina d'insolito la grande sala. Le finestre, finalmente libere dalle tendine di lino finemente ricamate, svelano un nuovo spazio in cui c'è posto per volumi colori linee figure voci note cibi fiori profumi carezze sapori diversi.
La Jessy ronfa della grossa su un vecchio cuscino a quadratoni del rigido divano in legno, icona del modernariato fineanni'70primianni'80 da cui è stato ripescato (Miss Italia per te continua!).
In fondo anche qui sopra si fanno dei bei sonni... più ampi, più spaziosi. Pieni di luce che inizierà di nuovo a posarsi sulle cose, assieme alla polvere che rende tutto più familiare.

Sotto il frastuono, dietro lo smarrimento, oltre il caos ecco fare capolino l'Opportunità.

08 luglio 2009

Filosofia felina (saltami addosso)

Interno casa.
Mattino presto.
Marci, Rina, io, Jessy, 5 traslocatori.
Rumori di fondo: cartoni spostati, voci maschili, direttive, movimentazione mobili, passi pesanti.

In primo piano il viso concentrato della Rina, l'espressione sorniona del Marci, il mio sguardo assonnato. Stiamo traslocando! Cioè, tecnicamente sono i miei che traslocano. Io resto.
Nel marasma più totale Jessy si ancora saldamente al suo posto: 2 cartoni con i miei libri del liceo piazzati esattamente sotto la finestra dello studio, uno sopra l'altro. Da più o meno 15 anni Jessy si acciambella lassù, sul cuscino impeluccato che ormai potrebbe essere usato come calco della sua effige. Del resto 3 kg e mezzo di gatto lasciano il segno.
Nel quarto millennio il fossile della gomma piuma marchiato dalla felina sindone contribuirà a ricostruire le abitudini dei gatti degli anni 2000: dormire per avere le energie necessarie a fare le fusa che servono per ottenere da mangiare in vista dell'ora dei giochi. Bella vita.

Insomma, Jessy è abbarbicata (come Annette... che ha un fratellino, si chiama Dani ed è piccolino) sul suo cuscino, in cima ai suoi due cartoni, sotto la sua finestra, nel suo studio. E a pochi centimetri 5 persone svitano, smontano, spostano, scaricano, accatastano, trascinano, spingono, rimontano. Tutto questo mica in silenzio... E lei non fa una piega. Lei ha gli occhi chiusi, la coda immobile, le zampe rannicchiate sul muso. Solo gli impercettibili movimenti delle orecchie tradiscono che sa. Ma niente, lo stesso non si scompone. Elegante non si lascia disturbare. Nobile, ignora.

Senza che aspettiate il quarto millennio, io ora vi rivelerò qual è la filosofia che guida l'intera esistenza di un gatto, ed in particolare del mio: se io non lo vedo, semplicemente non esiste. Occasionalmente declinata nella formula Se io non ti vedo, tu non mi vedi di quando, sgridata, si 'nasconde' rivolta verso l'angolo di una stanza. Come se bastasse darmi le spalle per farmi sparire dal cosmo.

Ora io sperimenterò questa teoria per far sparire definitivamente qualcuno che già mi sta aiutando molto sparendo per conto suo.

07 luglio 2009

Ti faccio vedere chi sono io.

Trenitalia ha voluto ricordarmi subito con chi ho a che fare.
Il vero vantaggio di venire al lavoro in treno è l'orario di uscita: 17.45. Mai successo! Arrivo in stazione perfetta per salire sull'Es del rientro delle 18.08. Che alle 18.25 ancora non si è visto. Finalmente l'annuncio: 40 minuti di ritardo. E' la mia fortuna biblica. La mia capacità di essere sempre al posto giusto nel momento giusto!
Faccio a tempo a salire al volo sul R delle 18.16 (eggià, perchè tra le 18.05 e le 18.16 Trenitalia ha concentrato ben 3 treni per Verona, salvo che dopo questo orario il primo utile è alle 19.05) e arrivo a Verona alle 19.25.
Insomma arrivo a casa poco prima delle 20. Magro risultato.

Poi suona il campanello e arriva IzVet con 2 Tuborg Light, la bistecchina per sè e le tegoline anche per me. Poi guardo la Jessy che si rotola proprio al centro del pavimento della sala quasi completamente vuota. Poi risuona il campanello e arriva ManuVet con bottiglia di Prosecco e trancio di salmone per sè e anche per me. Poi guardo la Jessy che si rotola proprio al centro del pavimento dell'ex camera matrimoniale, che sembra immensa con solo l'armadio e il mio lettino singolo. Poi tiro fuori i Bibanesi che uno tira l'altro, altro che ciliege. Poi sento la Jessy che miagola e si risponde da sola con il rimbombo dello studio quasi vuoto. Ho capito Jessy che qui sei tu la padrona, dai ora spostati. Poi spipazziamo allegramente sul balcone parlando di kazziemazzi, che sia chiaro ai vicini cosa li aspetta d'ora in poi.

E nel frattempo faccio della mia stanza cartoni. Riassumo la mia vita in qualche decina di cartoni. Ma forse qualche centinaia.
Significa inevitabilmente ripercorrere piccoli grandi momenti del passato, interrogarsi sul futuro. E non trovare risposte se non il desiderio di cercare ancora e di continuare ad essere curiose.

E fiduciose.

06 luglio 2009

Ok, ci provo

E' deciso. Domani sveglia alle 6.30 e treno. Gasp.
Sarà che dopo aver spacchettatospostatopulitomisurato in casa si alzano tutti all'alba per l'arrivo del primo camion del trasloco, sarà che ho fatto due conti sulle spese che inizierò a sostenere io. Bollette, internet, rifiuti, spese condominiali... C'è poco da scherzare!

Quindi ora spengo e faccio nanne. Domani è un altro giorno. Che inizia decisamente presto!

03 luglio 2009

Senza fine

Oggi si conclude la seconda parentesi belga dei miei.

Sono partiti da poco, dopo la mattina dell'ultimo giorno di scuola passata a salutare.
Ciao. Ci rivediamo. Scriviamoci. In bocca al lupo. Guarda che ti vengo a trovare. Allora organizziamo di andare da Menchu a Tenerife. Ricordati che la Patagonia ci aspetta. Tanto a dicembre sono di nuovo qui in vacanza.

Tante volte ho lasciato un posto. Tante volte ho detto addio. Tante volte ho voltato pagina. Fisicamente intendo. Geograficamente.
Abbandonare un luogo della mente non è da meno, ma abbandonare anche un luogo fisico è un'esperienza totalizzante dalla quale non si può sfuggire.

Io ho chiaro davanti agli occhi il finestrino posteriore di destra della Lancia Dedra bordeaux che mi ha portato via da lì, da SHAPE. Era il primo settembre. Presto, molto presto. L'aria era fitta di gioccioline di umidità e il sole stentava a trovare la via nella coltre grigia che chiudeva il cielo. Ma tutto sommato faceva caldo. Ricordo il terreno piatto che scorreva oltre il vetro, tante tinte di verde, le betulle, le casette verticali finte, quelle senza grondaie nè tettoie nè persiane nè recinti nè bidè.

Ricordo anche perfettamente com'ero vestita: bermuda (no, non sta succedendo ancora...) e dico bermuda bianchi con fantasia floreale nera (aaaargh!), camicia senza maniche nera, scarpe da ginnastica di tela violette con calzettino di spugna bianco in vista (Bastaaa! Mettete fine al mio delirio!). La sorte si accanì su di me quella volta perchè causa ritardi nell'arrivo dei traslocatori fui costretta a girare in questo stato per la fighetta città di Verona per ben 3 GIORNI, e per di più con 30 gradi all'ombra. Mi chiedo ancora come è potuto succedere che gli autoctoni mi rivolgessero la parola.

E poi le Alpi. Le Alpi si riconoscono subito, dopo 10 ore di macchina attraversando l'Europa da Nord a Sud. Si riconoscono anche rispetto alle altre montagne. Per me erano casa. Segnavano l'arrivo in Italia, la fine di un lungo viaggio, il ritorno. Quel giorno erano più alte, più maestose, più scavate del solito.
Avevo chiara che una parte importante della mia vita stava finendo ma sapevo che me la sarei portata con me per sempre. Un po' come i bermuda bianchi a fantasia floreale nera.

I miei dubbi erano gli stessi di adesso: come faccio. Come faccio a raccontare, a far capire, a condividere con chi non c'era e non ha visto e non può sapere?
Non ricordo se ho pianto. Ho il dubbio di non averlo veramente fatto. Ho imparato lì lo spirito di accettazione, il quieto fatalismo, la fiducia verso quello che deve venire. Ho conosciuto lì la nostalgia che costantemente mi accompagna.

E mi strugge il cuore, ora come allora, per l'ennesima fine. E' la pienezza delle cose belle legate a quel luogo ad appesantire il cuore, è il pensiero della gioia che ci ha regalato, delle persone che ci ha fatto scoprire, di quei noi stessi che avevamo imparato a conoscere così. Mentre ora, altrove, diventeranno inevitabilmente altri.

E tutto ricomincia. Altro giro, altro regalo. Con il conforto di sapere che almeno avremo una chance per riscattarci da quegli assurdi bermuda bianchi con fantasia floreale nera.

02 luglio 2009

Treno sì, treno no

Il mese di luglio è abbastanza anonimo per eseguire un piccolo test di mobilità.
Non essendo denso di impegni come settembre o aprile, nè sfacciatamente vacanziero come agosto, si presta a verificare il reale vantaggio (ma più che altro la mia personale capacità) di convertirmi da pendolare della A4 a pendolare della tratta ferroviaria Verona-Vicenza.

Una piccola ma accurata analisi dei costi ha evidenziato che un abbonamento Es (non mi vorrete mica immaginare tutta sudaticcia stipata nei vagoni angusti e affollati di un regionale?) da 94,50€ + un abbonamento agli autobus veronesi da 25€ per un totale di 120€ mi farebbero risparmiare esattamente 180€/mese rispetto a quanto abitualmente spendo per andare al lavoro. Solo per andare al lavoro! Se penso a quanto corrisponde in un anno... 2160€. Quante cose potrei fare con tutti quei soldi?
Se avessi il bisogno di muovermi comunque in macchina potrei usarla 2 giorni a settimana e ancora risparmierei. Detta così non sembra male.

Poi però bisogna considerare gli orari. Sveglia alle 6.40 (contro le 8 di adesso), autobus alle 7.17, treno alle 7.59 con arrivo a destinazione alle 8.29 (un'ora prima di adesso). Uscita alle 18.40, treno alle 19.05, arrivo a Verona alle 19.35 e poi autobus e a casa più o meno verso le 20.
E' ATROCE! Già così il tempo che dedico al lavoro è decisamente eccessivo. Farei impennare il monte orario giornaliero dell'ufficio a ben 13 ore!

Per fugare ogni mio dubbio aggiungo: esposizione alle intemperie, tragitti a piedi, stress da ritardo, ansia di perdere bus e treno, rischio scioperi, pc portato a spalla (+ 8kg), scarpe di riserva a spalla (+ 1kg), viveri per la giornata a spalla (+3kg), borse della palestra a spalla (+ 5 kg)...

E intanto che valuto i pro e i contro sono già passati i primi 3 giorni di validità dell'abbonamento. Quello ipotetico, che non ho ancora fatto.

01 luglio 2009

Intimamente vintage*

*AAA: l'argomento trattato in questo post è d'interesse prettamente femminile. Tu, uomo che ti accingi a leggere, lo fai a tuo rischio e pericolo e nel pieno delle tue facoltà mentali. Si declina ogni responsabilità.

Mi chiedo come sia possibile che io sia rimasta così indietro in tema di contraccettivi. E non è una questione di secondaria importanza.

Una volta fui la pioniera dell'utilizzo della pillola tra le mie amiche. Del resto fui la pionera di tutta una serie di eventi che segnano l'ingresso nella fase adolescenziale, meglio conosciuti come "diventare signorina", "il primo bacio", "la prima volta". E non a caso le mamme mi affidavano le proprie figlie per comprare i primi reggiseni. Certo tutto questo dopo aver scoperto come nascono i bambini, cosa successa oserei dire in tarda età.

Avevamo 11 anni io e la Clo. Eravamo 2 pischelle emigrate in quel paese piatto e piovoso del Nord Europa. Giocavamo a calcio con gli Italiani, spiavamo da lontano gli Americani, andavamo dietro ai Greci, evitavamo i Turchi, snobbavamo i Belgi. Eravamo in grado di esprimerci comprensibilmente in 3 lingue e nei 10 mesi precedenti avevamo visitato almeno almeno un paio di capitali europee, quando il pacchetto turistico Capitali Europee non era ancora stato inventato. Avremmo potuto snocciolare in un batter d'occhio, senza esitazioni, le nazioni della compagine del Patto Atlantico. Ma spiegare come nascono i bambini... No, quello proprio no.
Un giorno, rientrando a piedi da scuola che avevamo già imboccato rue Finsen, fu la Clo ad aprire la porticina e affacciarsi sul Nuovo Mondo.
Ci vedo più o meno così (e so di sbagliare di poco): 2 nane avvolte la prima in un Lloden scuro con berretta di lana merinos azzurra marchiata sulla fronte dalla C (ti prego Clo, perdonami!), sotto quella gonna rossa coi volants o in alternativa quella gonna scozzese con spillona da balia, calze di lana spesse bianche e scarpa scamociata stile Clarks; la seconda (ma perchè mi voglio così male) insaccata in una giacca a vento fino sotto alle chiappe di colore azzurro sbiadito, calze bianche con la riga dietro e tutte tempestate di pizzo a fiori e completino di felpa violetto con minigonna.
Da due avanguardiste dello stile metropolitano quali eravamo agli sgoccioli degli anni 80, non potevano che uscire codeste parole:
Chat, non puoi capire cos'ho scoperto... Hai presente 'il coso', no? E 'la cosa'? Ecco. Pensa che uno s'incastra coll'altra... E' così che nascono i bambini!!!
Nooooooooo! Daiiii?! Ma che schifezza non è possibile!!! A me avevano detto che era il bacio con la lingua! Io l'avevo capito che non poteva bastare così poco -sapientina- ma così è teribbile!

Il resto della nostra educazione sessuale, per i successivi 3 anni e mezzo almeno, si è interamente fondato sulle paginette in formato tascabile di Top Secret, l'equivalente francofono del Cioè, come avremmo scoperto poi. Tranne una piccola parentesi televisiva... di homevideo per la precisione. Ma questa è un'altra storia.

Tornando al motivo sconcertante di questo post, la mia esperienza in tema di contraccettivi è passata attraverso: Fedra, Practil 21 e qualcos'altro di matrice tedesca, Loette. Poi il nulla. Nel senso che mi sono affidata al minimo sindacale.
La mia idea è che se devo bombardarmi di ormoni almeno sia per qualcosa che ne vale la pena... Non produrre pargoli indiscriminatamente è di sicuro un argomento più che valido, ma nella mia testolina ci vuole qualcosina in più, qualcosa di simile ad una relazione pseudostabile, ecco. E' chiaro che è una presa di posizione discutibile, e ci hanno già pensato a farmi mille ramanzine le ragazze della Comune, ripetendomi le stesse identiche cose che ripeto a mia volta a chi fa come me.

E mentre io ero impegnata a fare e subire ramanzine il mondo si è evoluto.
Già non ho avuto l'onore di usare le trifasiche, ma soffermarsi su questo aspetto significa sottolineare in maniera lampante quanto io sia rimasta indietro. Perchè nel frattempo sono comparse delle cose PAZZESCHE. I cerotti per esempio! Mi pare l'altro ieri che le donne rivendicavano il loro diritto alla pillola e ora basta un quadratino di plastica traspirante piazzato nei posti più impensabili: sotto i reggiseni, sulle chiappe, un polpaccio... E dura una settimana! Cioè invece di avere la sveglia sul cellulare tutte le sere attorno alle 22, come intere generazioni di ragazze hanno fatto, basta che te ne ricordi una volta alla settimana. E' abbastanza chiara la portata di quest'innovazione?
Ancora mi devo riprendere da questa scoperta ed ecco che anche il cerotto rischia di essere soppiantato. Da... da... Non riesco quasi a dirlo. Un anello! Che è il concept che tira di più ultimamente da quelle parti lì, le parti intime. Anche questo è un cerchietto di gomma ma senza la levetta on/off. E dura 21 giorni! Cioè lo posizioni e poi te ne dimentichi per un mese intero! Anzi, puoi anche fargli prendere 3 orette d'aria ogni tanto. Giusto per sentirti più libera.

Ma io dov'ero finchè s'inventavano tutto questo?! Tra le pagine del Cioè?!