31 luglio 2007

Era una notte buia e tempestosa

E' la seconda volta che imbocco la strada per Mantova. 25 km in mezzo alla campagna per raggiungere la sua tana, che stasera è anche la mia.

La strada l'ho dovuta imparare da sola, perchè quando ci andavo spesso, lì da lui, guidava il Lele e io potevo sprofondare nel sedile e lasciarmi cullare da quel torpore alcolico che è ingrediente fondamentale delle cene a casa sua. Ma poi col Lele ci siamo lasciati, a Mantova non ci sono più venuta, fino a quel pomeriggio che ci siamo incontrati in piazza e come al solito ti sono saltata addosso lasciandomi stringere e sollevare per l'entusiasmo e la sorpresa e la felicità di rivederci.

Così il rito delle cene è ricominciato, ma senza il Lele.

Il primo tentativo è andato bene. Pizza nel forno a legna del granaio, musica filodiffusa in ogni ambiente, il gracidare delle rane. Strano riguardare le foto di quelle volte che eravamo in 3. Ora siamo solo noi due e le possibilità aumentano, si moltiplicano, si confondono irrimediabilmente.

Lui è cordiale, sorridente, schietto. Parla con un tono di voce deciso e ride spesso. Io sorrido sempre. E mi sento a mio agio in quel rifugio che lascia fuori i pensieri e mi dà tregua.

Al secondo tentativo arrivo ancora più serena e spensierata. Una serie di messaggini mi ha preparata ad una serata di "coccole" non meglio definite, comunque buon punto di partenza per un'altra piacevole cena.

Dopo 2 piatti di pasta e una manciata di arrosticini saliamo. Mi lascio dondolare dall'amaca mentre nel petto rimbomano gli Enigma. La fiammella dell'unica candela accesa fa a braccio di ferro con il vento della notte di tempesta che entra prepotentemente dalle finestre aperte. Un pensiero mi allontana riportandomi per un istante a una manciata di ore prima: quando il cielo è così scosso mi regala sempre emozioni forti...

Poi lui si lamenta scherzosamente che lo sto lasciando solo, e faccio mio il posticino sul mini futon che c'è poco più in là, per terra.

Una coincidenza vuole che ci guardiamo lo spettacolo di Beppe Grillo. Una naturalezza che non controllo mi fa sdraiare sulle sue gambe, come se fosse semplicemente normale. E un braccio si appoggia lì sopra, una mano inizia a muoversi, le dita fanno dei piccoli cerchietti delicati, poi cambiano improvvisamente direzione, s'impennano su linee opposte, si chiudono e si riaprono come delle piccole indisponenti onde sulla battigia di una spiaggia lunga e deserta.

Le coccole, erano proprio queste. Quelle che non sono più abituata a fare, quelle che, porcospino simpatico ma irrimediabilmente pungente, non so più ricevere. Quelle che mi rifiuto di regalare se non ne vale la pena.

Passa un'ora. In quelle coccole ogni tanto spunta furtivo un bacino. Non ci guardiamo mai ma ogni tanto mi chiede Come va lì giù? Bene, va tutto bene. Non so come andrà tra poco, ma per ora va tutto davvero bene...

Tra poco farà per scendere dal futon, si fermerà con le labbra vicinissime alla mia guancia, mi chiederà Vado a caricare la lavastoviglie o ti do ancora baci? e io risponderò Baci, baci, ancora baci. Mille cento e ancora mille baci. E ci fermeremo solo molto, molto tempo dopo. Io distesa sul pavimento di legno scuro, lui che mi accarezza le gambe e mi invita a fare mio il posticino sul mini futon che c'è poco più in là, per terra. Mi stringo a lui che mi abbraccia da dietro e mi lascio addormentare.

Quando mi risveglio sono le 4 passate, una luce si è accesa per le scale. Mi chiede se voglio restare a dormire, ma non ho dubbi che è meglio andare. Sulla porta di casa, con i brividi per il freddo di una notte di tempesta, un bacio veloce sotto il cappuccio dell'accappatoio. Faccio ciao con la mano e in un batter d'occhio nello specchietto retrovisore la sua sagoma scompare avvolta negli alberi. E in quella stampa Missoni da ultraquarantenne.

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