01 ottobre 2006

Distacchi

Lascio Milano di mattina. E' presto ed imbocco senza incertezze la tangenziale est. Ci sarà mica coda alle 9.30 di sabato... Mi disorienta non fare la solita strada. In effetti parto da San Donato.

Seguo A4 direzione Venezia. Quante volte l'ho fatto nell'ultimo anno? Quante volte ho pensato che non ne potevo più di stare ore in coda? Non faccio in tempo a rispondermi che eccola, la coda. E allora esco subito, ad Agrate. Mi avventuro sulla statale. Perchè tanto non ho fretta, stavolta. Non ho la domenica per scadenza, non ho compagni di viaggio cui dare appuntamento, nè ore di punta da evitare. Ma valigie da svuotare nei cassetti, libri cui far posto sulle mensole, creme che devono ritrovare posto sulla specchiera del bagno. Un altro inizio.

Cos'ho paura di perdere, andando via?
La mondanità condivisa con gli amici. Le "mille occasioni" che può offrire una città così grande e così viva, anche se non si possono davvero cogliere tutte. Il potenziale, ecco. E le consuetudini che si stavano consolidando: il lunedì sera con la Cugi, il martedì al cinema gratis, la cena del mercoledì col Nutella e il clan degli ingegneri, l'ape del giovedì, le mostre fotografiche di Palazzo Reale e Forma, il giretto bimestrale in Triennale... Il Nutella.

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Ripenso all'ultima settimana passata insieme, a quest'ultima notte passata insieme. Le risate a cena, i discorsi sempre un po' più miei, la scusa che "a lui piace ascoltare". Poi l'intimità, l'abbraccio, i bacini. E quella canzone su Mtv, la lacrimuccia che mi scivola via dispettosa... L'abbraccio dura fino alla mattina, quando la luce s'infila nella stanza. Sono davvero felice. E lo sono per tutto, un po' come se fosse già finito.
So che siamo uguali, che ci vogliamo bene, che ci mancheremo. So che non siamo mai stati assieme, ma assieme abbiamo costruito qualcosa da condividere. Il fatto di non vivere più nella stessa città può significare perdere tutto, o un minimo sforzo da entrambe le parti perchè questo non succeda. Se siamo stati stretti stretti non è un caso, alla fine. E la mia anima sorride.
In questa ordinaria mattina il Nutella s'infila sotto la doccia mentre io, in camera, attacco il phon.

Ed eccolo lì, il cellulare. Incustodito ed inerme, chiuso su sè stesso come ancora addormentato, proprio accanto alla radiosveglia. Ci penso un attimo, lo prendo in mano. Ci guardiamo negli occhi per pochi secondi. Il phon è spento, l'acqua scorre. E decido di fare quello che tante volte avrei potuto fare, ma ho sempre rifiutato di fare; quello che una persona non dovrebbe mai fare, ma che consiglierei ad ogni donna, per aiutarsi a mantenere i piedi ben piantati per terra: Menu>Messaggi>Seleziona>Arrivati.

Stefania, Giulia gru, Daniela... Mi bastano due schermate. E ce n'è per tutti i gusti: Tutto ok Fammi sistemare 2 cose e ci vediamo, Ottima idea Organizziamo per la prox sett, Possa questa notte cullare i tuoi sogni e bla bla bla.

Sorrido. Del resto siamo uguali, no? Ed è quello che cercavo, quello che anche lui avrebbe trovato se avesse guardato nel mio cellulare.

O forse no...

E continuo a sorridere, puntando lo sguardo verso il mio nuovo inizio.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Uno che ama ascoltare, eh?
Sicura? Ancora?
Anche dopo tutto questo tempo che avete passato insieme?

Michela ha detto...

Ebbene sì, resiste ancora! :p

Michela ha detto...

Eheheh, grazie Uomo! Mi auguro che tu ed i tuoi corregionali non mi facciate mancare la grande metropoli...