Per onore di cronaca specificherò che il controllore l'ho incrociato... ma con una chiamata già impostata sul cell... così, astuta com una faina, mi sono girata verso la porticina d'uscita salutando BettyBoop nel momento stesso in cui quello avrebbe potuto riconoscere in me la pazza tutta sudata che lungo il binario gli aveva detto di non avere fatto in tempo a fare il biglietto... è Simone che mi porta fortuna o è Simone che mi porta nell'illegalità?! Tendo per la prima, visto che chiudendo la chiamata avevo già agganciato lo sguardo di uno studente in giurisprudenza di Verona che in settimana vive a Milano ma vuole fare l'attore e mi ha dato senza opporre ALCUNA RESISTENZA il suo numero fissando un appuntamento per un caffè il pomeriggio seguente!
Però non è di questo che devo scrivere. Devo scrivere del mio tuffo all'indietro di questa notte, di vetri appannati e cani che abbaiano e corpi che si riconoscono nel breve soffio di qualche ora rubata alla vita di sempre. E DEVO scrivere. Per capire quello che rappresenta per me, per rendermi davvero conto che è successo e... per lasciare un segno di come è lui. Di come potrebbe essere lui.
Se i miei solo immaginassero... Ho visto i loro occhi appannarsi nel momento in cui spiegavo chi era la persona che dovevo incontrare dopo tanto tempo, ho notato la fronte corrugarsi in una smorfia di fatica per ricordare chi era quel moscerino capitato per "sbaglio" nel loro salotto, un pomeriggio d'estate di tanti anni fa. Capitato per "sbaglio" nella vita della loro figlia tanto per bene, tanto educata, che probabilmente si era sbagliata ma con carità cristiana gli aveva fatto prendere una boccata di cultura, di educazione e buoni modi, una boccata di "ordine", un assaggio di normali vite borghesi. Che poi è anche quello che penso io. Perchè il mio mondo incrocia il suo raramente... Sono lastre parallele e quella sopra, così organizzata, lustra e precisa, preferisce ignorare quella sotto, cupa, violenta e piena di imprevisti spiacevoli. Come la droga. O l'illegalità scelta per caso. O la sofferenza di vedere gli amici sconfitti, che cadono uno ad uno.
Però non è uno sbaglio se ieri notte sono scesa dal treno e ho iniziato a tremare, se mentre giravo su me stessa per trovare la sua sagoma avevo le vertigini... e quando è comparso, massiccio come al solito, il passo si è sveltito e un abbraccio stretto stretto ci ha sciolti nelle solite bambinesche risate. Non importava essere a Verona, avremmo potuto essere in qualsiasi altro posto, in qualsiasi altro momento già vissuto assieme: Milano, Trieste, Roma, Sambo... Invece eravamo sotto l'Arena illuminata di rosa, apoggiati l'uno all'altra come due vecchi amanti, in un silenzio intriso d'intimità, d'affetto, di timore. E poi la sua guancia ha iniziato a muoversi lentamente sulla mia, e i suoi baci ad accarezzare la mia pelle...
Ci siamo baciati a lungo, in silenzio, con la delicatezza di quando si scarta un pacchetto prezioso e inatteso sotto lo sguardo emozionato di chi ci ama. La gente intanto continuava a passare e alla nostra altezza abbassava la voce imbarazzata, o contrariata, per quei nostri baci sempre più intrecciati. Ma l'unica cosa che sentivo era lui. E quello che ha detto... "Sembra che il tempo si sia fermato. Io e te siamo sempre uguali". Così, quando la panchina non è più stata in grado di sopportare lo spettacolo, ci siamo alzati per raggiungere la macchina e col suo accento marchigiano sporcato di romanaccio di borgata mi ha fatto promettere che avremmo continuato. Ma non ce n'era mica bisogno...
Il resto è stato solo bellissimo, e PERFETTO, imboscati sotto l'ospizio in cui solo 2 anni fa c'era l'alberghetto che gli avevo indicato, dove tornava sempre. I sedili beige, la portiera aperta con la lucetta accesa, il P "del buon augurio" rigorosamente regalato da Francy, i piccoli gesti riportati a galla a quattro mani, i ricordi ripercorsi assieme. Mille mille battute.
Mi ha riportato sotto casa alle 3. Ho dimenticato la rosa sul cruscotto.
Ho dimenticato anche di raccontare gesti che non avrei voluto vedere, frasi che non avrei voluto sentire. E mi chiedo com'è possibile che mi sia rimasta lo stesso la sensazione di averlo "trovato bene". Dev'essere ancora per quella cosa delle leggi che governano il mondo e che nel suo caso non valgono un cazzo. Però delle regole che lui rispetta ci sono. Al primo messaggio mi ha risposto chiamandomi "piccola", dicendomi di non preoccuparmi per il viaggio, che si sarebbe fermato a dormire un po' vista la nebbia. Al secondo messaggio, oggi, non ha più risposto.
Siamo già rientrati nelle nostre rispettive normalità...
E ora io penso solo al maglione che gli ho fatto, fermo sul fondo del mio armadio assieme a quello suo della Napapijri che ho indossato tanto spesso, alla camicia grigia, al pijama, alla maglietta azzurra, alla t-shirt degli U2 che aveva scelto dal mio cassetto. Penso che nemmeno questa volta sono riuscita a darglielo. E che per il prossimo anno, o magari due, o tre anni, non riuscirò a farlo.
Come al solito non mi resta che chiudere velocemente la parentesi, e farlo nella maniera più indolore possibile. Come al solito non mi resta che aspettare. Magari tra qualche mese si sveglierà e si farà vivo.
O magari non si sveglierà.
05 novembre 2005
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